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Nel match degli asparagi Aquileia “straccia” Fossalon e Tavagnacco

La città degli antichi romani conquista il primato regionale di un mercato che vale 7 milioni di euro

di Marco Ballico

Il Friuli Venezia Giulia ha  duecento...

Il Friuli Venezia Giulia ha duecento ettari coltivati ad asparagi

TRIESTE. Pesa complessivamente 1.500 tonnellate, vale 7 milioni di euro, si estende su 200 ettari. È la realtà dell’asparago del Friuli Venezia Giulia. Per due terzi i numeri riguardano il tipo bianco, per un terzo il tipo verde. Due mesi di festa nelle piazze, al ristorante, in cucina.

I soliti due mesi, nulla di più, nulla di meno. Quest’anno è andata molto bene ad aprile, perché l’Asparagus officinalis ama il caldo, un po’ meno a maggio. Nel complesso, senza essere stata eccezionale sul fronte della quantità, una stagione da promuovere.

Le prime tracce risalgono all’impero austro-ungarico. Pare che durante una visita in regione, la citazione è contenuta in un testo del 1728, sia stato Carlo VI a elogiare, tra gli altri, «grossi e bellissimi spariggi».

Franco Mattiussi, titolare dell’hotel Patriarchi di Aquileia, la capitale, oggi, dell’asparago regionale, ricorda che, dalla Mesopotamia all’Egitto, dall’antica Grecia ai Latini, l’asparago fu usato prima per le sue qualità terapeutiche come medicinale e poi arrivò sulle tavole fino a diventare tra i cibi più apprezzati dagli imperatori romani, al punto che una nave preposta al loro trasporto fu chiamata Asparagus.

Svetonio, nel De Vita Caesarum, fa sapere che i Romani li consumavano previa scottatura in acqua bollente, Giulio Cesare li mangiava conditi con l’olio e Augusto li utilizzava come metafora per far comprendere l’urgenza di un’azione: «Celerius quam asparagi cocuntur» (Più rapido della cottura degli asparagi).

Negli ultimi trent’anni anni in Fvg la produzione ha vissuto sull’altalena. Nel 1983 venivano coltivati ad asparagi una sessantina di ettari, nel 2004 se ne registravano 250, nel 2013 si era scesi a 140, nel 2016, fa sapere l’Ersa, si è risalti a 200. A determinare la discesa è stato in primis il ricambio generazionale che ha portato alcuni piccoli produttori ad abbandonare il filone. Il successivo, rinnovato interesse per il canale della filiera corta (il 90% dell’asparago prodotto in regione viene venduto direttamente in azienda) ha determinato la controtendenza al rialzo.

L’ultimo censimento è di Costantino Cattivello, tecnico del Servizio ricerca, sperimentazione, assistenza tecnica dell’Agenzia regionale per lo sviluppo rurale. Tra 108 tipologie commerciali in Friuli Venezia Giulia, l’asparago è, con il radicchio, l’ortaggio maggiormente coltivato, pur coprendo una superficie tutto sommato limitata.

L’attività coinvolge al momento 170 aziende con quote di mercato distribuite tra le province di Pordenone (40%), Gorizia e Udine (30% a testa). Le zone con maggiore superficie investita ad asparago risultavano nella fotografia di cinque anni fa l’Aquileiese (14,5%), quindi Casarsa (7,5%), Fiumicello (7,5%), Fossalon (7,2%), Cordenons (6,9%), Tricesimo (6,2%), Pavia di Udine (6,1%), Tavagnacco (6,1%) e Varmo (5,3%).

Le percentuali non sono cambiate di troppo. Aquileia si conferma in testa, mentre i tradizionali poli produttivi di Fossalon e Tavagnacco ribadiscono una fase di stagnazione, pur mantenendo storia e quote di mercato di rilievo. Al contrario a San Vito al Torre, un’altra area fortemente vocata in passato, l’asparago è di fatto scomparso.

Nell’ultimo periodo si registra una crescita significativa a Zoppola e, più in generale, a un costante aumento delle superfici destinate alla coltivazione di asparago verde (dal 22,8% del 2011 a circa il 30% di oggi). Il motivo è semplice: la produzione del verde ha costi inferiori.

Quanto alle vendite, valutato in circa 5 euro al chilogrammo il costo medio al cliente (un prezzo contenuto proprio dalla filiera corta), il milione e mezzo di chili messi sul mercato (ciascun ettaro produce non meno di 6-7mila chili) vale 7 milioni di euro.

I terreni d’elezione per l’asparago? Quelli sabbiosi, molto rari in regione e concentrati soprattutto lungo le rive del Tagliamento. Le migliori caratteristiche gustative, secondo gli esperti, emergono tuttavia dai terreni argillosi. Di certo non è questione di estetica: il turione ben allungato, senza difetti, può certamente appagare l’occhio, ma non è sinonimo di qualità, anzi.

All’asparago regionale, altra certezza, non mancano gli appassionati. Presenti in gran numero, anche quest’anno, alle feste di Fossalon, Latisana, Tavagnacco e Cusano di Zoppola. Si chiude, come sempre, la prima settimana di giugno o poco più in là. Andare oltre rischia di “stressare” la pianta. Anche se la tradizione fa coincidere la fine della stagione con il 13 giugno, il giorno di Sant’Antonio.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

22 maggio 2016

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