Prossimi eventi

  • Non ci sono eventi (per ora...)

Prossimi eventi

<< Mag 2024 >>
lmmgvsd
29 30 1 2 3 4 5
6 7 8 9 10 11 12
13 14 15 16 17 18 19
20 21 22 23 24 25 26
27 28 29 30 31 1 2

Archivio post

Maxi-truffa da 1,3 milioni, sei denunciati

Coinvolte quattro società di Grado e due di Aquileia che intascavano gli incentivi allo sviluppo con un giro di fatture fittizie

di Laura Borsani

La maxi truffa ai danni dello Stato è di quella da sei zeri. Un milione e 300mila euro, corrispondente alla metà delle spese di investimento per la riqualificazione e l’ampliamento d’impresa. Contributi acquisiti in qualità di incentivi pubblici ministeriali. Ma di lavori e di spese sostenuti nemmeno l’ombra. Solo l’incasso indebito di soldi dei cittadini. Sei le società finite nella rete della Guardia di Finanza di Monfalcone. Quattro gradesi e due della zona di Aquileia. Così come i sei amministratori di diritto e di fatto delle società in questione, denunciati per truffa aggravata per indebita percezione di contributi statali. Il settore nel quale operano le sei società è quello della nautica da diporto.

Si tratta dunque di un milione e 300mila euro a fondo perduto erogati dal ministero per lo Sviluppo economico, a fronte di un investimento “dichiarato” di circa 2 milioni e 700mila euro. Da qui il sequestro preventivo di beni, pressochè equivalente alla “distrazione” dei finanziamenti pubblici, del valore di circa un milione di euro: due capannoni, due appartamenti, una casa singola per oltre 800mila euro, nonchè quote di costituzione societaria, conti correnti, barche e motori da diporto di proprietà. Perfino gioielli.

Imprese specializzate nell’attività navale diportistica, dalla manutenzione delle imbarcazioni ai rimessaggi, all’alaggio e pitturazione, compresa la compravendita e il noleggio. Società regolarmente attive sul territorio, ma che per questa operazione rientrante nelle misure pubbliche di incentivazione allo sviluppo delle aziende non hanno di fatto nè sostenuto spese, nè eseguito la lavori di sorta. Gli investimenti per gli ampliamenti dell’attività, a fronte di presunti aumenti di commesse, erano tutto esclusivamente sulla carta. Documentazioni false è l’ipotesi inquirente contestata nell’ambito dell’indagine della Gdf e coordinata dal sostituto procuratore della Procura di Gorizia, Laura Collini.

Quella messa in piedi è stata definita una “ragnatela”, un dedalo di passaggi e ruoli proprio al fine di far perdere le tracce rendendo oltremodo difficile venirne a capo. Una rete consolidata, basata anche su rapporti amicali tra i sei imprenditori. Una sola tra queste imprese è risultata completamente inoperante nel settore nautico: iscritta alla Camera di commercio e “visibile” dall’Agenzia delle Entrate, in realtà non aveva alcuna struttura societaria. Era un semplice “ufficio-cartiera” che si occupava di fornire la documentazione fiscale falsa, emessa a favore delle “colleghe” compiacenti per l’avvio della procedura ai danni del ministero. Insomma, un erogatore di atti autocertificati, come prevede la normativa in materia di incentivi alle imprese, e cantieri-fantasma, mai aperti. Un’operazione che ha comportato anche la conseguente formazione di un consistente credito di imposta, a fronte delle relative fatture false emesse. Il tutto, secondo l’ipotesi inquirente, «mettendo in atto un meccanismo fraudolento» scientificamente architettato. Il fine, sostiene sempre l’accusa, sarebbe stato quello di creare un finto patrimonio e un giro d’affari oltremodo “gonfiato” per acquisire il “tesoretto” dei finanziamenti statali, da intascare nel momento in cui si approdava alla cessazione fallimentare. Chiudere baracca e burattini e appropriarsi dei soldi pubblici. Il giro illegale è stato pertanto stroncato dalla Gdf prima della volatilizzazione delle società e dei finanziamenti statali.

Tutto è partito dall’analisi eseguita dalle Fiamme Gialle nell’ambito del settore della spesa pubblica nazionale. I finanzieri sono così incappati nell’autocertificazione “anomala”, contenente la richiesta dell’ingente finanziamento pubblico che portava a beneficiarne altre società. Troppe. La Gdf ha spiegato: «Dagli approfondimenti eseguiti, è emerso che l’acquisizione di una così ingente contribuzione era stata astutamente operata attraverso un meccanismo fraudolente, consistente nell’emissione di fatture false per lavorazioni mai effettuate, che andassero a comprovare all’Ente erogatore (lo Stato, ndr) una considerevole spesa sostenuta, pari a circa 2,7 milioni di euro, volte a dimostrare in maniera documentale la presenza dei requisiti richiesti ai fini dell’ottenimento del denaro di circa il 50% della spesa sostenuta a fondo perduto».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

11 agosto 2016

http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste