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Lucciola derubata da tre finti poliziotti

Accusati di tentata rapina e sostituzione di persona: patteggiano

di Alessandra Ceschia

UDINE. Tacchi a spillo e abbigliamento succinto era ferma sul marciapiede di via Battistig, in città. Nessun dubbio sulla professione della signorina in questione: quella più vecchia del mondo. Più incerta l’identità del trio di sedicenti appartenenti alle forze dell’ordine che, la sera del 30 maggio 2012, la avvicinarono per sottoporla a un controllo.

Infatti era tutto falso: false le identità, falso il distintivo di metallo contrassegnato esibito da uno di loro e falso anche il controllo che, in realtà, altro non era se non uno stratagemma per derubare la “lucciola”. Questa la tesi della Procura della Repubblica che ieri ha portato tre persone davanti al giudice per l’udienza preliminare Daniele Franceschini Barnaba con l’accusa di tentata rapina in concorso e sostituzione di persona.

Si tratta di Ionut Catalin Fava romeno di 28 anni residente a Bagnaria Arsa, assistito dall’avvocato di fiducia Massimo Cescutti, Mirko Collini, 26 anni di Gonars difeso dall’avvocato Sabrina Vicario, ed Emanuele Boccalon, 30 anni di Aquileia, assistito dal legale Daniele Vidal.

Per tutti e tre è stata scelta la via del patteggiamento, cui il pubblico ministero Elena Torresin ha prestato il consenso. Nei confronti di Fava è stata applicata una pena di 9 mesi e 10 giorni di reclusione e 260 euro di multa, mentre per Collini e Boccalon, cui è stato concesso il beneficio della sospensione condizionale, la pena concordata è stata a 8 mesi e 10 giorni di reclusione più 160 euro di multa.

Stando all’ipotesi formulata dall’accusa, la vittima quella sera fu avvicinata da tre presunti agenti, uno dei quali, qualificandosi come appartenente alle forze dell’ordine, le intimò di esibire i documenti dopo averle mostrato un distintivo di metallo con la scritta “Ministero della difesa – Repubblica italiana”.

Nella ricostruzione dei fatti ipotizzata dalla procura, mentre Fava si faceva consegnare dalla “signorina” carta d’identità, tessera sanitaria e permesso di soggiorno, Collini finse di annotarsi gli estremi su un foglio di carta e di effettuare un controllo telefonico con la centrale. Poi, con il pretesto di verificare se nella borsetta c’erano sostanze stupefacenti, i tre misero le mani sui soldi che la donna aveva già intascato, somme poi restituite. Evidentemente però, non era il primo controllo cui quest’ultima veniva sottoposta, tant’è che, fiutato l’inganno, strappò di mano quanto aveva consegnato e usò il proprio cellulare per allertare le vere forze di polizia.

31 marzo 2017

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