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La piccola Roma rischia di sparire fra trent’anni

Necessari interventi urgenti altrimenti potrebbe non rimanere nulla. La Soprintendenza: la strada regionale vicino al foro crea notevoli danni

di Elisa Michellut

AQUILEIA. La città romana, patrimonio Unesco, uno dei più completi esempi di una città dell’antica Roma nell’area del Mediterraneo, necessita di interventi urgenti. Se non si interviene in tempo, tra una trentina d’anni, i resti archeologici potrebbero scomparire. L’alternativa sarebbe reinterrare tutto per garantire la conservazione.

La città romana, ad oggi, presenta tutte le problematiche relative alla conservazione di una grande area archeologica all’aperto, esposta agli agenti atmosferici e a vari condizionamenti di origine antropica. Tre i livelli di intervento individuati: la riorganizzazione degli spazi aperti, l’ottimizzazione della rete museale e la nuova funzionalizzazione tecnica a livello regionale.

«Le aree archeologiche – spiega il Soprintendente per i Beni archeologici del Fvg, Luigi Fozzati – vanno organizzate in modo logico, sia per una valutazione dal punto di vista critico-archeologico sia per agevolare le visite turistiche. Il primo passo è l’azzeramento del percorso stradale asfaltato che oggi s’interpone all’interno delle aree archeologiche: la strada regionale 352, che attraversa la zona del foro. Il passaggio continuo di traffico su gomma disperde nell’ambiente fumi e polveri che vanno ad incidere sulla capacità di conservazione dei resti archeologici».

Il secondo problema riguarda gli agenti atmosferici esterni. «Quando piove, se non fosse per le opere di drenaggio – argomenta il Soprintendente – buona parte dell’area archeologica rischierebbe di finire sott’acqua e la minaccia è che, in futuro, la zona possa venire sommersa anche dall’acqua salata, che potrebbe creare danni più gravi. Il terzo elemento negativo è legato all’escursione termica al suolo che, in un anno, registra un salto di temperatura di circa 50 gradi.

La combinazione di questi tre fattori incide sulla conservazione della materia prima. La Fondazione Aquileia – precisa ancora Fozzati – con la partecipazione del ministero per i Beni e le attività Culturali ha bandito un concorso d’idee per la copertura dell’area archeologica dei fondi Cossar e dei mosaici e questo significherà dotare il panorama della cittadina di nuovi volumi che, ad ogni modo, non potranno certo ricoprire tutte le aree archeologiche scoperte perché Aquileia perderebbe il suo antico fascino. È indispensabile capire, con il contributo di petrografi e chimici, in che modo consolidare le materie prime utilizzate per la costruzione della città. Le città archeologiche non sono eterne. Il problema principale è la conservazione delle superfici, dal momento che non esistono edifici interi in alzato, a parte la Basilica e il Museo Paleocristiano».

Nei progetti futuri per la conservazione della città romana c’è un grande atlante dei materiali utilizzati per la realizzazione di Aquileia. In questo senso, come ricorda la direttrice del Museo archeologico nazionale di Aquileia, Paola Ventura, è già operativo un accordo scientifico tra le Università di Padova e Trieste. Conoscendo la materia prima si potrà comprendere in che modo avviene il deterioramento dei materiali nel tempo e sarà possibile intervenire tramite un’azione di protezione e rigenerazione.

«Un tempo – afferma Fozzati – quando le pietre del selciato erano consumate, i romani provvedevano a sostituirle. Oggi non lo possiamo fare perché rischieremmo di costruire un falso storico, una città artificiale. Per il futuro, la Soprintendenza intende continuare a liberare l’area dell’antica Aquileia da tutto ciò che può essere di ostacolo alla sua valorizzazione.

Si pensi che il 60 per cento dei resti archeologici aquileiesi non è stato ancora scoperto. Dobbiamo anche sviluppare una rete di collegamenti – conclude – con Grado e il suo Museo di archeologia subacquea dell’Alto Adriatico, con Zuglio, una piccola grande Aquileia costruita dai Romani tra le montagne della Carnia, e con la città romana di Altino, nella laguna di Venezia. Il punto più impegnativo, ad ogni modo, è la costruzione di un nuovo grande museo archeologico».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

18 dicembre 201

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