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Da Aquileia a Palmanova ecco il catalogo italiano delle città nate dal sogno

di Pietro Spirito

C’è Palmanova, naturalmente, ma anche Aquileia, «un paese del “gratta e vinci”: se si scava, si trova e si guadagna (quasi) sempre qualcosa». E poi l’incredibile Terra del Sole, a otto chilometri da Forlì, una specie di città-prigione, «un piacere assoluto per gli occhi, m a anche un’angoscia per la mente». E l’altrettanto incredibile Scarzuola, nel comune di Montegabbione, in provincia di Terni, con l’antico convento dove, secondo tradizione, avrebbe dimorato San Francesco d’Assisi, e la sua città-teatro, concepita e costruita nel ventesimo secolo dall’architetto milanese Tommaso Buzzi.

Ancora, ecco Pienza, Sabbioneta, Crespi d’Adda, Solvay…è un vero “Andare per le città ideali”, come titola il nuovo libro del giornalista e scrittore di origini triestine Fabio Isman (Il Mulino, pagg. 143, euro 12,00), ovvero scoprire i “piccoli gioielli architettonici nati dall’utopia”, tutti in Italia, «frutto di visioni laiche e quasi mai religiose», centri urbani «di solito diversissimi da qualunque altro, e tra loro». Posti che, scrive sempre Isman, «incarnano un’aspirazione atavica, che affonda le origini nella notte dei tempi, ha conosciuto avvincenti teorizzazioni nel Rinascimento e, nei secoli, anche alcuni profeti di tutto rispetto». Isman nel suo libro – una vera e propria guida, per altro – accompagna il lettore in un viaggio ideale tra queste città ideali fra architettura, storia, filosofia, aneddoti e personaggi. E lo fa con la trascinante passione, l’acuta curiosità e la verve narrativa di chi ha trovato un tesoro e lo vuole condividere, svelando alcuni fra i mille volti nascosti o dimenticati dell’Italia.

. Isman, cominciamo dalla fine: che fine ha fatto il concetto di città ideale? Se ne fanno o progettano ancora?

«Le realizzazioni che noi ancora vediamo – risponde Fabio Isman – sono un frutto tipico del Rinascimento e derivano anche da antichi esempi greci e poi romani. Ci sono città divenute realtà, e altre rimaste progetto, come Sforzinda, per la quale, nel Quattrocento, Filarete disegna perfino una Casa del Vizio e della Virtù alta ben nove piani. Racconto anche un altro progetto che, stavolta per fortuna, è rimasto solo sulla carta: quello di Papa Sisto V per rendere abitabile il Colosseo, con 36 miniappartamenti. Oggi, qualcuno si ispira ancora, magari per qualche quartiere, a quei principi. Però, dopo alcuni casi di “città operaie” e quelle “di fondazione” del ventennio fascista, l’unica che racconto è La Scarzuola, appendice di un antico convento in provincia di Terni, pensata dal 1956 da un singolare ma grande architetto, Tommaso Buzzi. Era il suo sogno, e tale è rimasto, assolutamente incompiuto. Riesce a viverci solo il nipote ed erede, anche perché non pensata per essere abitata, ma per riflettere».

Il viaggio comincia da Aquileia, che forse più che una città ideale sembra l’ideale di una città, in quanto “fotografia” di quello che era, pensava e agiva l’antica Roma, pur essendo oggi: qui passato e presente convivono. Ma non si può dire lo stesso che so, di Pompei o Ercolano?

«Aquileia l’ho assunta ad esempio, riunificando in lei tutte le colonie greche e romane, fondate sul celebre incrocio tra cardo e decumano (e le loro parallele), adottato, del resto, anche dall’Expo di Milano. Aquileia non è soltanto una città morta, come Ercolano e Pompei: dopo la prima stagione di colonia dell’Urbe romana, ne ha avute altre importanti; prima fra tutte, quella del cristianesimo. Per secoli, il Patriarcato era ambito dalle migliori famiglie veneziane: i Barbaro, o i Dolfin. Ed è tra i pochi luoghi dove si possa ancora leggere puntualmente il sovrapporsi del tempo, in tutti i secoli».

Altra tappa regionale imprescindibile è Palmanova, la “fortezza perfetta”. E, pensando anche a Terra del Sole, quanto l’architettura militare ha influenzato le città ideali? In altre parole, perfezione significa anche sicurezza?

«Palma, come si chiamava prima di Napoleone, non è solo una fortezza: il fondatore, il grande umanista Marcantonio Barbaro che con il fratello è il committente della Villa di Palladio a Maser affrescata da Veronese, riesce a imporsi al Senato veneziano, e a far sì che alla macchina militare si accompagni anche la città. Costruita in modo che la piazza sia un “panopticon” ante litteram: non a caso, ospitava le armerie, da dove si poteva raggiungere in fretta ogni angolo delle mura».

Fra le città ideali ci sono anche le città operaie come Crespi d’Adda e Solvay. Si possono paragonare alle attuali cittadelle informatiche come il villaggio Google?

«Non credo: davvero altri tempi. Loro due, e per esempio San Leucio di Caserta, nascono dal desiderio dell’imprenditore che chi vi lavorava stesse bene. Un welfare in anticipo sui tempi, perché soltanto così si riteneva che chi di dovere potesse produrre. Un re Borbone dà a San Leucio leggi civilissime e assai avanzate; Crespi si preoccupa che i dipendenti dormano bene: per loro costruisce perfino il cimitero, onde evitargli otto chilometri fino a quello più vicino».

Alcuni posti sono piuttosto incredibili, come la Scarzuola, che credo non molti conoscano…che responsabilità hanno il turismo e le politiche del turismo nella salvaguardia delle città ideali?

«Intanto, come purtroppo numerosi altri siti rilevanti del nostro Paese, spesso non ci si rende conto della loro unicità, e dell’obbligo di preservarli, custodirli, quasi curarli. Specie tra le “città di fondazione”, ve ne sono alcune davvero malmesse, come Arborea e Fertilia in Sardegna. Poi, anche queste “città ideali” sono penalizzate dagli inguaribili problemi del nostro turismo, che ha occhi, idee e fondi soltanto per alcune grandi mete tradizionali, e non sa spingersi fuori dai sentieri più banali e normali: anche per questo ho voluto scrivere il mio librino. La Scarzuola ha l’aspetto di un luogo da fate, che magari sappiano un po’ d’architettura; ma anche Acaya, Terra del Sole, le ex filande di San Leucio o Crespi d’Adda, per non dire delle più note Pienza e Sabbioneta, non sono certo da meno. Incarnano una nostra aspirazione ancestrale: l’abbiamo “dentro” fin dalla Bibbia».

Qual è stata, fra quelle raccontate, la città ideale che più l’ha colpita?

«Amo molto Terra del Sole, perché è rimasta intonsa; ha un archivio che ne racconta tutta la vita, i processi, le torture; perché l’ho scoperta, trent’anni fa, per caso, e pochissimi la conoscono anche se è a un salto da Castrocaro. Ha una storia terribile e bellissima da raccontare, comunque inimitabile, ed è un angolo di Firenze in mezzo alle Marche. Poi, per le mie origini triestine, ovviamente quel palinsesto che è Aquileia, e quel miracolo che è Palma. Di ciascuna delle “mie” città ho cercato le stranezze e le stravaganze, spesso fin troppo ignote».

C’è una città ideale che non esiste ma un giorno ti piacerebbe visitare?

«Mi piacerebbe passeggiare per Sforzinda, o per le tre tavole di Città ideali, una è a Urbino, che sono tra i prototipi del genere: scrivendo, ci ho provato. Ma mi resta la voglia di una città lontana, fuori dal nostro Paese: Arcosanti nell’Arizona, prototipo pensato per cinquemila persone; Paolo Soleri ci ha lavorato finché non se n’è andato, nel 2013, a 94 anni».

 

p_spirito

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24 febbraio 2016

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