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Serracchiani: “Prevenire si può, in Friuli più pioggia che in Liguria ma meno danni”

Il presidente della regione: “Altrove hanno riempito le buche, noi abbiamo preferito rifare gli argini”

di CORRADO ZUNINO

Serracchiani: "Prevenire si può, in Friuli più pioggia che in Liguria ma meno danni"

ROMA. Presidente Debora Serracchiani, il premier Renzi ha attaccato anche lei, da un anno e mezzo alla guida della Regione Friuli Venezia Giulia?
“Renzi ha ragione quando parla di cattivo uso del territorio negli ultimi vent’anni da parte delle Regioni, non tutte le Regioni, però, sono uguali”.

In Friuli avete rispettato il territorio?
“I numeri dicono di sì. Con le piogge di novembre in diverse regioni del Nord sono scesi 500 millimetri d’acqua e ci sono stati danni, in Liguria e Piemonte, di un miliardo a testa, in Veneto di mezzo miliardo. Da noi, 600 millimetri con punte di 1.300, i danni sono di 50 milioni. Sono stati colpiti 120 comuni friulani su 217, più della metà. In provincia di Udine abbiamo contato 18 frane. Questi risultati sono frutto della nostra prevenzione, siamo una regione modello”.

E dove nascerebbe il modello?
“Nel 1978, il terremoto. La protezione civile è nata qui e per noi è un valore. In Friuli ci sono 1.800 volontari. La comunità e i presidenti che l’hanno via via rappresentata hanno lavorato davvero contro il dissesto idrogeologico. Altrove hanno preferito riempire le buche, opere che si vedono. Noi abbiamo rifatto gli argini, opere che non si vedono. Negli ultimi 25 anni abbiamo aperto e chiuso 4.402 cantieri per intervenire su frane o prevenire dissesti, solo negli ultimi tredici abbiamo investito 890 milioni”.

È più facile amministrare una regione piccola, a statuto speciale, senza grandi città.
“Le difficoltà, però, ci sono anche da noi. Il territorio è fragile, il 40 per cento sono montagne e c’è tanta acqua: fiumi, rii, torrenti. Il Tagliamento, l’Isonzo, il Livenza. Pordenone nel 2002 andò sott’acqua, l’alluvione del 2003 causò due morti. Da allora ci siamo dedicati a lavori di arginatura, a realizzare dighe come quella di Ravedis e canali di scolmatura “.

Tutti i cantieri sono senza inchieste giudiziarie?
“Mi pare di sì”.

Il suo contributo al Friuli modello?
“Da luglio a oggi ho firmato 25 decreti per 7 milioni di euro, destinati ai corsi d’acqua maggiori. Non sono ancora riuscita a impegnarmi sul Tagliamento, ci sono varie ipotesi d’intervento”.

Le grandi opere in Italia sono, spesso, alibi per la corruzione.
“Le grandi opere sono necessarie, ma senza una quotidiana cura del territorio la loro funzionalità viene vanificata”.

Serracchiani, lei è uno spot vivente per il premier: le cose funzionano dove ci sono i presidenti di Regione giovani e renziani, male dove governa la vecchia sinistra.
“Ho iniziato l’intervista palesando i meriti dei miei predecessori. Sul dissesto idrogeologico lo spartiacque non è tra il vecchio e il nuovo, ma tra Regione e Regione. Il governo deve iniziare a distinguere chi fa bene a chi no, i presidenti che vengono nominati commissari straordinari per il dissesto idrogeologico se non funzionano vanno sostituiti. Non si può dire tutti i giorni che le risorse sono finite. Le risorse sono diminuite, bisogna individuare le priorità e spendere bene. Usando, magari, i fondi europei. L’unità di missione avrà nove miliardi in sei anni”.

Forse il premier sarebbe più credibile se non fosse così innamorato dello Sblocca Italia: nuove strade e autostrade, perforazioni in mare, vincoli ambientali allentati.
“Lo Sblocca Italia non è un cementificio. Ha individuato le opere strategiche e quelle che non servono, ha semplificato le procedure per permettere di realizzarle. In Friuli la terza corsia dell’A4 tra Venezia e Trieste è necessaria. Fare politiche ambientali e costruire nuove opere non sono due cose in conflitto, sono complementari”.

18 novembre 201

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