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La mappa del potere targato Serracchiani

Allontanati “grandi vecchi” della politica, da Ferruccio Saro a Renzo Travanut. Tra i ripescati i manager Pietro Del Fabbro (presidente di Friulia), Enrico Bertossi (presidente di Informest) e Maurizio Castagna (ad di Autovie)

Anche Riccardo Illy doveva fare i conti con Gianfranco Moretton. Mediava, per quanto fosse Illy. Debora Serracchiani, invece, pare viaggiare su una dimensione tutta sua. Donna sola al comando. «Tratta settimanalmente con i ministri, non perde certo tempo a discutere con le sezioni locali di partito», dice un democratico di lungo corso. I “rottamati” della nuova era? Moretton, certo. Ma anche Ferruccio Saro e Renzo Travanut.

E i “sopravvissuti” al ciclone? Isabella De Monte, Cristiano Shaurli, Mariagrazia Santoro e Agostino Maio. In un anno e mezzo di Serracchiani al timone, la mappa del potere in Fvg è rivoluzionata. L’endorsement preelettorale di Saro non è servito. Si era parlato di un suo incarico in Paritetica, ipotesi mai realmente decollata. L’ex parlamentare di centrodestra, a dire il vero, non ha chiesto niente. Né ha mai lamentato di essere stato escluso dalla distribuzione degli incarichi. Del resto, è cambiato tutto in pochi mesi. Il potere, a tante persone in era Serracchiani, è scivolato via. Evaporato. Le cause sono diverse. L’implosione del berlusconismo a centrodestra, il renzismo che conquista il Pd a centrosinistra. Ma anche, per restare sul territorio, la “rimborsopoli” del Consiglio regionale.

L’inchiesta ha messo all’angolo una generazione di politici. Chi li ricorda più i Narduzzi, i Ballaman, i Pedicini, se non per le cronache delle udienze, le spese “allegre” con i soldi pubblici e i conti da pagare alla magistratura contabile? Serracchiani ha fatto certo di testa sua. Appena è stato possibile ha salutato Edi Snaidero (Friulia), Giorgio Santuz (Fvg Strade) e Renato Pujatti (Finest), mentre Massimo Paniccia se n’è andato dal consiglio di amministrazione di Friulia per sua volontà, ma prima del tempo.

Potesse agire prima della scadenza del mandato, la presidente chiuderebbe in fretta, molto in fretta, anche il mandato di Sergio Dressi (Aeroporto). A salvarsi, perla rara, solo Emilio Terpin, presidente di Autovie Venete: la partita delicata della terza corsia, a due anni e poco più dalla scadenza della concessione in A4, consiglia di evitare scossoni.

Tra i ripescati, invece, Pietro Del Fabbro (prima vicecommissario, poi presidente di Friulia), Enrico Bertossi (presidente di Informest) e Maurizio Castagna (ad di Autovie), di nuovo ai vertici della concessionaria quasi vent’anni dopo la prima volta (1997, Del Fabbro presidente, Castagna dg). Pensionato, tuttavia, Castagna. Alla scadenza degli incarichi, così impone la riforma della pubblica amministrazione voluta da Renzi, i manager in quiescenza non avranno più il “cuscinetto” della nomina nelle partecipate. Il discorso vale anche per Terpin, Lionello Barbina (già uscito dall’Arpa), Pietro Paviotti (Fvg Strade), Aldo Gabriele Renzulli (casa di riposo “La Quiete” a Udine, una nomina di Furio Honsell).

L’asse Renzi-Serracchiani ha cambiato le carte in poco tempo. Comandano e decidono. Per chi sta al piano di sotto conta avere una sintonia. Roberto Cosolini, con Serracchiani, la mantiene. Molto meno, si sussurra, Honsell e Claudio Pedrotti. Non sono renziani. Anzi, non sono nemmeno iscritti al Pd. Ed è un problema. Molto più stretti i contatti con alcuni sindaci del territorio: dalla Bassa friulana (Francesco Martines, Palmanova) alla montagna (Francesco Brollo, Tolmezzo).

Il cerchio magico di Debora? Ne è uscito Travanut (Renzo, Mauro non l’ha nemmeno sfiorato). Oggi c’è Maio, il capo di gabinetto “strappato” dal ruolo di vicesindaco in Comune di Udine anche in nome di un’amicizia personale. Alla presidente non dispiace come si sta muovendo Shaurli, che non è renziano ma ha saputo compattare il gruppo del Pd in Consiglio. Sul tema specifico della montagna sta riguadagnando terreno Enzo Marsilio, dopo il gelo dei primi mesi di legislatura.

Quanto ai rapporti in giunta, Serracchiani ne ha di ottimi con Santoro. E pure con l’assessore con cui ha condiviso una riforma chiave come quella della sanità, Maria Sandra Telesca. Tutto il contrario, si dice, per Loredana Panariti e Sara Vito, «non proprio nelle grazie della presidente» sussurrano i bene informati. Non dev’essere stato un confronto col sorriso nemmeno quello con Paolo Panontin nella settimana caldissima dell’approvazione della riforma degli enti locali.

E Sergio Bolzonello? Il grande dilemma. Lei è diventata perfino più renziana di lui, sostenitore del sindaco di Firenze dalla prima ora. C’è chi dice che la coppia si apprezza, chi invece sostiene che prima o poi scoppierà. Ma, si dovesse andare al voto in caso di “fuga” al governo di Serracchiani, oggi toccherebbe all’ex sindaco di Pordenone. Con l’europarlamentare De Monte pronta in caso di necessità. Il commercialista Bolzonello, si sa, non ha mai parlato di impegno politico a vita.

08 dicembre 2014

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