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«Il patto capestro Tondo-Tremonti ci costa 600 milioni»

Serracchiani: quel protocollo fu frettoloso e superficiale. «E sul Comparto unico è necessario un ragionamento»

di Maurizio Cescon

UDINE. Alla presidente della Regione Debora Serracchiani non va proprio giù quel patto firmato a suo tempo fra l’ex governatore Tondo e l’allora ministro dell’Economia Tremonti. Perchè ritiene sia un accordo che penalizza la Regione e che, in sede di trattative romane con il Governo, rappresenti una sorta di palla al piede. Di capestro.

Lo ha ribadito ieri sera, nel corso della presentazione del libro “Il Friuli Venezia Giulia negli anni della grande crisi 2008-2013”, autori l’economista Fulvio Mattioni e il sociologo Bruno Tellia, presenti all’auditorium Di Toppo Wassermann con il rettore dell’Università Alberto Felice De Toni, la presidente di Mediocredito Cristiana Compagno e il direttore del “Messaggero Veneto” Omar Monestier che ha fatto da moderatore al dibattito.

«Quando ce li chiederanno – ha detto Serracchiani – dovremo staccare allo Stato un assegno da 600 milioni di euro. Sono soldi accantonati, ma che dobbiamo mettere a bilancio ogni volta. Aprire tavoli a Roma per noi non è affatto semplice, perchè quel protocollo d’intesa non è stata una scelta felice. Io ritengo che per mantenere la Specialità bisogna diventare indispensabili per il Paese, dobbiamo adeguare i nostri strumenti alla società.

Oggi il problema è trovare i soldi e spenderli garantendo i servizi essenziali ai cittadini. Ripeto, il protocollo Tondo-Tremonti fu frettoloso e superficiale, perchè non impedisce allo Stato, in caso di manovra correttiva, di chiedere comunque alla Regione una compartecipazione. E quindi tra maggiori tagli e minori possibilità di spendere, il bilancio finale del Friuli Venezia Giulia ha sicuramente delle ristrettezze. In più quando andiamo a trattare con il Governo, non otteniamo quello che vorremmo perchè ci fanno subito notare che da noi la sanità costa il 20% in più della media nazionale, così come la struttura degli enti locali.

E qui in Friuli Venezia Giulia non siamo mai riusciti davvero a incidere sulla spesa riguardante sanità ed enti locali. La revisione dei costi su beni e servizi e un riordino complessivo del sistema può portare benefici e risparmi notevoli. A Roma, poi, è quasi impossibile stringere una sorta di alleanza tra le cinque regioni speciali, perchè ognuna di esse ha tipi di specialità finanziaria diversa. Quindi è proprio arduo mettersi solo a discutere assieme. Ecco che spesso, davanti al Governo, si è da soli».

La presidente, sollecitata da una domanda di Monestier, ha “aperto” a un ragionamento sul Comparto unico, vero e proprio nervo scoperto e fonte di tensione con i sindacati. «C’è la necessità di operare – ha affermato – anche sull’impiego pubblico. Dovremo fare interventi indispensabili e opportuni. Penso solo alla questione dell’indennità mensa che abbiamo già affrontato. A noi Regione costa circa 15 euro per ciascun dipendente, mentre i buoni pasti, a 7,50 euro l’uno, ci consentirebbero un risparmio di 3 milioni di euro l’anno. Credo che a tutti si possa chiedere un piccolo sacrificio in tempi di grave crisi economica».

A gettare sul tavolo della discussione un po’ di temi, poi sviscerati dagli intervenuti, era stato Fulvio Mattioni, uno degli autori del volume. «Ciò che ha fatto grande questa Regione – ha illustrato l’economista – è stata l’istituzione della Specialità, che ha voluto dire niente sprechi e investimenti per garantire un futuro alle nuove generazioni. Adesso qui da noi l’impatto della crisi è stato magari ritardato, ma più violento. Perchè i competitori mondiali, dall’India alla Cina, contano sulla manodopera di un miliardo di persone che lavorano e così il nostro modello di manifatturiero è andato in sofferenza. E’ evidente che anche il bilancio regionale, prima o poi, ne avrebbe risentito. Eppure tra il 2008 e il 2010 si è speso molto, sono stati approvati bilanci “grassi”, pur in anni in cui la crisi era già ben presente. La grande sfida, per il futuro, è recuperare il senso dell’autonomia, nonostante le risorse scarse. E far ripartire lo sviluppo attraverso il credito pubblico, a sostegno delle imprese. Infine c’è la questione degli stranieri: attualmente la comunità immigrata è poco valorizzata, ma dobbiamo renderci conto che è importante».

Il rettore dell’università di Udine De Toni ha elogiato il lavoro dei due studiosi. «Il libro – ha spiegato – ha il coraggio di dire cose scomode e ha due idee fondamentali: la necessità di riconsiderare i capisaldi dell’autonomia e la sostenibilità dello Stato sociale».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

29 aprile 2014
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