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Ecco il piano per il rilancio: modello carinziano per l’industria del Fvg

Agenzia per gli investimenti con Friulia e Finest, burocrazia semplificata. Cura dimagrante per i Consorzi: dovranno fondersi o saranno commissariati

di Maurizio Cescon

Sergio Bolzonello e Debora Serracchiani

UDINE. Il 2015 della Regione si aprirà con il botto. Perchè sarà la legge di riforma delle politiche industriali, in Commissione dall’8 gennaio, in Aula nelle sedute del 27 e 28, la carta su cui puntare per dare una scossa all’economia del Friuli Venezia Giulia. Tanta la carne al fuoco messa dalla presidente Debora Serracchiani e dal suo vice Sergio Bolzonello, nell’illustrare i cardini della legge.

Un impianto che sembra solido e strutturato, una dotazione di risorse finanziarie ragguardevole, di circa 135 milioni (47 dei quali regionali) a partire dall’anno prossimo. Il fiore all’occhiello è la creazione dell’Agenzia investimenti, per attrarre nuovi capitali, possibilmente dall’estero. E ancora incentivi alle imprese virtuose, semplificazione burocratica, fusione dei Consorzi e taglio delle poltrone di amministratori e revisori dei conti, Asdi (Agenzia per lo sviluppo dei distretti industriali) private.

Il volano per gli investimenti

«A volte copiare non guasta», dice sornione Bolzonello. Perchè l’Agenzia investimenti per il Friuli Venezia Giulia ricalca il modello che funziona in Carinzia e in Stiria. In Italia invece saremo degli apripista, solo l’Emilia Romagna ha un ente simile, ma è autonomo. Da noi invece l’agenzia sarà “interna”, senza costi aggiuntivi per la Regione, e sarà coadiuvata da Friulia, che si occuperà di mercato nazionale, e da Finest per quello internazionale. L’obiettivo è semplice, attrarre investimenti, rendere il territorio appetibile per chi vuole mettere in piedi una fabbrica o una ditta. E quindi redigere e attuare un piano marketing nel quale vengono indicate e promosse le possibilità di insediamento. L’imprenditore che arriva avrà un contratto di insediamento con incentivi specifici e burocrazia ridotta all’osso, saranno favoriti anche gli sviluppi di Aree produttive ecologicamente attrezzate (Apea), già normate a livello nazionale.

Asdi e filiere industriali

Molte le novità su questo fronte, non per nulla Bolzonello ha parlato di «riforma radicale». Gli incentivi saranno particolarmente consistenti per i progetti di filiera con aggregazione di almeno 5 imprese. Ma si punta a complessi ancora più robusti, con attenzione allo sviluppo di innovazione e tecnologie. Arriverà un voucher per l’innovazione e pure un concorso di idee per giovani fino a 35 anni che premierà con fondi dedicati la migliore idea industriale dell’anno. Viene confermato il «ruolo territoriale» dei Distretti. «Ma dovranno avere una dimensione più ampia – ha spiegato il vice presidente della giunta -, l’agroalimentare, per esempio, non potrà essere solo a San Daniele, il caffè di Trieste dovrà essere dentro lo stesso Distretto. Le Asdi saranno totalmente private, solo il Ditedi (Distretto tecnologie digitali) di Tavagnacco resterà a partecipazione pubblica, visto che tra i soci ci sono i Comuni».

La scure sui Consorzi

Il bisturi della Regione inciderà parecchio. Nulla sarà come è stato per decenni, la legge sarà completamente riscritta. «Tagliamo il poltronificio», ha sintetizzato la presidente Serracchiani. Oggi i Consorzi presenti in regione costano 6 milioni di euro solo per la gestione, con 59 amministratori e 50 revisori dei conti, tutti ovviamente pagati. Si punta a un risparmio di almeno il 25 per cento subito (un milione e mezzo di euro), ma il target è più ambizioso, come hanno fatto intendere i vertici dell’amministrazione. La parola d’ordine è fusione. Dall’entrata in vigore della legge (cioè da febbraio, se sarà approvata nei tempi previsti) i Consorzi avranno sei mesi di tempo per partire con le unioni tra di loro. In caso contrario, alla scadenza del semestre, saranno commissariati e gli accorpamenti saranno stabiliti dalla Regione.

Dimagriti consigli di amministrazione e collegi dei revisori: 3 componenti e un revisore per la fusione di due Consorzi, 5 componenti e 3 revisori per la fusione di tre o più Consorzi. «E vorremmo esclusivamente professionisti del settore dentro i cda», ha puntualizzato ancora Serracchiani. Tetto pure al presidente: 30 mila euro lordi annui al massimo. Attenzione, infine, a evitare il consumo di suolo, tema caro all’amministrazione. Eventuali nuovi capannoni saranno costruiti negli spazi degli attuali Consorzi, prima di andare a “rubare” altro terreno oggi destinato all’agricoltura o ad aree verdi.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

20 dicembre 2014

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