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Serracchiani: io al vertice del Pd per un Friuli più forte

Intervista alla presidente della Regione Fvg, che è stata designata dal premier Renzi come uno dei due vicesegretari del Partito democratico

di Anna Buttazzoni

 

UDINE. Chissà se davvero Debora Serracchiani non ha una tabella di marcia, gradini politici e istituzionali da salire. Lei che pianifica, ottimizza, corre, a fine aprile 2013 e stata eletta presidente del Fvg. L’altro ieri, 11 mesi dopo, è diventata uno dei due vice segretari nazionali del Pd. Percorso da capogiro. In Fvg non ci sono precedenti. Lei resta salda e fissa nuovi obiettivi. La salvaguardia della Specialità, il Piano regionale di sviluppo industriale, nessun rimpasto o ampliamento della giunta ma dei super-manager da affiancare agli assessori. Nella programmazione delle sue giornate i primi appuntamenti scattano alle 7.30 e arrivano fino a 14 al giorno. Questione di metodo. Quello che applica anche al Fvg.

 

Arrivare al vertice del partito era il suo obiettivo?

 

«Sento che è ciò che posso fare per dare una mano al Pd e al Paese. Ho accettato la sfida di sostenere Matteo Renzi tanto tempo fa, una scelta fatta in piena autonomia perché penso possa davvero cambiare il Paese. Davanti alla richiesta di Renzi di aiutarlo, ho accettato e sono pronta a fare la mia parte».

 

La “promozione” è il passaggio per diventare il prossimo segretario del Pd?

 

«No, davvero non sto pensando all’obiettivo futuro, al gradino da salire. Ho giocato la partita da presidente della Regione, ruolo che rivendico, difendo e che ritengo di poter svolgere di più e meglio grazie al nuovo impegno nazionale».

 

Il compito di vice segretario del Pd come porterà vantaggi al Fvg?

 

«Credo di aver dimostrato nel lavoro di questi mesi che il Fvg può e deve riconquistare centralità. E penso che un ruolo nazionale possa aiutare in questo sforzo comune. Ci sono tanti temi fondamentali per la nostra Regione che ora potrò affrontare meglio».

 

Quali?

 

«Penso alle crisi industriali, alla realizzazione della Terza corsia, alla Ferriera di Servola. Dico insomma che esercitare un compito nazionale forte potrà riportare la Regione a essere centrale in Italia, perché i due impegni che ho assunto sono complementari».

 

È la prima donna presidente eletta in regione e la prima presidente che fa il segretario del maggior partito di governo. Sta andando tutto come voleva?

 

«Faccio politica con la voglia di farla tutti i giorni e non c’è nulla di premeditato, nessuna crocetta da mettere sul calendario. Svolgo il mio lavoro impegnandomi per farlo al meglio e quando vengono risultati importanti, sono i frutti raccolti grazie all’impegno».

 

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Come porterà avanti il doppio lavoro?

 

«In questi mesi mi sono mossa sui due fronti in modo parallelo e continuerò con lo stesso spirito che mi ha fatto fare la presidente con determinazione. Sono la presidente di tutti i cittadini della mia regione ma questo non mi impedisce di fare politica».

 

Gli esponenti locali del centrosinistra si chiedono cosa accadrà in giunta: rimpasto, nono assessore o super-manager all’Industria?

 

«Non avverto la necessità di nessuno sconvolgimento. Fin dall’avvio del lavoro l’esecutivo si è mosso in modo collegiale e dopo le difficoltà iniziali per mettere ordine in Regione, il sistema comincia a rispondere. Il lavoro della giunta è un lavoro quotidiano di assestamento, di obiettivi raggiunti e da raggiungere e il modo spedito in cui ci stiamo muovendo mi fa dire che non avverto il bisogno né di un rimpasto né di un nuovo assessore. Sono consapevole che stiamo lavorando molto. Ma dopo la fatica iniziale per riorganizzare la macchina e il sistema regionale ora vedo che la giunta ha superato alcune pesantezze».

 

Quindi pensa di affidarsi a un super-manager?

 

«Sì, sono orientata a cercare delle competenze tecniche speciali, ad esempio per l’area che abbiamo riorganizzato delle Attività produttive raggruppando i tavoli di crisi e il settore che si sta occupando di redigere il Piano regionale di sviluppo industriale, che presenteremo a maggio».

 

Mi scusi, ma un assessore in più non costa come un super-manager che per di più non ha agibilità politica?

 

«Metterla solo sulla questione dei soldi è insufficiente e riduttivo. Dall’inizio del mio mandato questa giunta si è impegnata a tagliare i costi della politica e della macchina regionale. Abbiamo ridotto le indennità, eliminato i vitalizi, diminuito il costo dei dirigenti, tagliato il numero e la spesa delle auto blu. Questa è la prima regione in Italia nella quella nessun manager pubblico può prendere più di quanto percepisce la presidente della Regione (circa 155 mila euro lordi l’anno). Andiamo avanti con il contenimento della spesa, ma non possiamo rinunciare all’efficacia della nostra azione politica e alla ricerca di tutte le competenze necessarie nell’interesse dei nostri cittadini».

 

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Nel Pd regionale c’è qualche malumore per la scelta di candidare Isabella De Monte alle europee, che è già senatrice e sindaco di Pontebba. È stata una forzatura?

 

«No, è stata una decisione votata all’unanimità dalla Direzione regionale del Pd. Che io ho condiviso. Ritengo sia un investimento importante perché Isabella sta svolgendo bene il suo compito di parlamentare, ha fatto bene il sindaco e sappiamo che non si ripresenterà a Pontebba. Penso davvero sia un’ottima candidata e che sia il volto del Pd, perché Isabella nasce dal Pd e dalle primarie che ha fatto e vinto. E poi è consapevole di essersi messa a disposizione del partito e di questo la ringrazio».

 

Città metropolitane. Il Consiglio a fine gennaio, con voto bipartisan, ha detto no. Il sindaco di Trieste, il democratico Roberto Cosolini, vi chiede di ripensarci con attenzione. Lei che posizione ha?

 

«Il lavoro che il Parlamento sta facendo sulla riforma del Senato impone di fare delle riflessioni sui nuovi strumenti di cui si potranno dotare le Regioni. Venerdì mattina una delegazione dei presidenti delle Regioni cui ho partecipato, ha incontrato il ministro Graziano Delrio per la programmazione economica 2014/20, di cui uno dei punti caratterizzanti sono i Piani operativi nazionali (Pon) che l’Italia sta costruendo attorno alle città metropolitane e che prevedono risorse da 40 a 80 milioni. Non è evidentemente solo questione di soldi, ma va fatto un approfondimento. Non sto dicendo di essere d’accordo con l’istituzione della città metropolitana di Trieste, ma dico che dobbiamo pensare un po’ di più all’opportunità che ci viene data dalla riforma».

 

Specialità. Qual è la strategia perché non resti solo un’etichetta, senza risorse e competenze?

 

«Ci sono due aspetti, il primo finanziario e il secondo di gestione di compiti. L’incontro con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è stato molto importante perché ha messo al centro dell’attenzione l’esigenza di avviare il tavolo per ricostruire i rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione, riscrivendo assolutamente il patto Tondo-Tremonti che va riempito di nuovi contenuti. È stata anche l’occasione per dire al ministro di porre attenzione ai pagamenti della pubblica amministrazione, perché ci sono Regioni che hanno fatture nel cassetto che vanno tirate fuori e pagate. Il Fvg però non ne ha perché è un buon pagatore. Noi abbiamo fatto un’altra cosa, mai fatta prima. Abbiamo mappato tutte le opere pubbliche di Comuni e Province scoprendo che sono più di 3 mila già finanziate per circa 500 milioni, ma che non possiamo avviare perché il Patto di stabilità non lo consente. Abbiamo chiesto a Padoan, Delrio e al sottosegretario Gianclaudio Bressa, che auspico si occuperà delle Regioni Speciali, un provvedimento che ci permetta di mettere in movimento quelle risorse. La Specialità si tutela esercitandola quotidianamente in questi rapporti».

 

Ci sono anche nuove competenze che pensa di ottenere dallo Stato?

 

«Penso che dovremmo ragionare su compiti come l’Istruzione, la Sovrintendenza, le ex strade Anas e gli immobili dismessi dallo Stato. Servono la revisione dei patti finanziari con il governo e nuove competenze. E poi ho in mente un’altra possibilità».

 

Cioè?

 

«Stiamo riscrivendo il Titolo V e le Speciali sono escluse dalla manovra, ma è evidente che rivedere e superare la podestà concorrente delle competenze con lo Stato significa rischiare di toccare anche le competenze delle Speciali. Mi farò carico di sentire gli altri presidenti delle Regioni autonome per provare a mettere in sicurezza la Specialità agendo su alcune modifiche degli statuti speciali, risolvendo la questione delle competenze utilizzando il metodo pattizio, con una norma chiara, inequivoca e semplice che metta al riparo i compiti delle Speciali rafforzando il ricorso a trattative bilaterali tra Stato e Regione ogni qualvolta si apre una questione. È un impegno».

 

©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

30 marzo 2014
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