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La frontiera pacificata del Presidente

Napolitano, in una telefonata al “Piccolo”, sottolinea la strada compiuta nel processo di riconciliazione dell’ex frontiera

di Paolo Possamai

Presidente della riconciliazione. Giorgio Napolitano ha lasciato un’impronta personale nettissima nel processo di ricomposizione delle memorie sul versante orientale. E ha simbolicamente legato questa paziente azione politica a due autentici eventi, condivisi con Riccardo Muti.

Parliamo dei due concerti di piazza Unità d’Italia dell’estate 2010 e di Redipuglia di domenica scorsa, dove i Presidenti di Italia, Slovenia e Croazia hanno affidato alla musica il senso di una raggiunta pacificazione.

Eventi che hanno aiutato la formazione di una consapevolezza diffusa, e hanno sottratto agli addetti ai lavori la materia storica dei due conflitti mondiali e delle conseguenti gravose eredità.

Il Capo dello Stato sa bene di avere legato a questa vicenda un capitolo fondamentale del suo doppio mandato presidenziale, ma non rinuncia a osservare che «nell’opera di superamento della logica irriducibile delle opposte ragioni nazionalistiche, incapace di riconoscere le ragioni altrui, posso dire di avere avuto la fortuna di incontrare interlocutori avvertiti e lungimiranti: mi riferisco per esempio al Presidente Pahor, al suo predecessore Turk e al Presidente Josipovic. Senza una condivisione autentica da parte loro, la ricomposizione delle lacerazioni patite lungo questa travagliata linea di frontiera non sarebbe stata possibile». Concetto che Napolitano integra con un’ulteriore osservazione secondo cui «il Friuli Venezia Giulia, questa regione che un tempo soffriva di una sua condizione periferica, è testimonianza evidente di quanto sia avanzato il processo di integrazione nell’Unione europea e di quanta strada sia stata compiuta nel processo di riconciliazione di popoli e nazioni appena qualche decennio or sono fieramente e risolutamente antagoniste. Il concerto dell’estate 2010 in piazza Unità d’Italia a Trieste e il concerto di Redipuglia sono due eventi che – con il contributo del maestro Riccardo Muti – hanno reso manifesto tale processo di pacificazione».

Il Presidente parla con noi al telefono, mentre si sta dirigendo all’aeroporto di Ronchi. Ha ancora negli occhi i colori dei mosaici e la magnificenza del Foro di Aquileia, ma pure la monumentale gradonata di Redipuglia. Difficile non portare memoria delle note del Requiem di Verdi e del Silenzio suonato da una tromba d’alpino al cospetto delle migliaia di “presente” marchiate sul fronte dei gradoni del Sacrario. Due giornate intense, dense di incontri istituzionali con i Capi di Stato di Slovenia e Croazia, e con il Presidente del Consiglio federale dell’Austria. Tra Redipuglia, Gorizia e il Monte Santo che sovrasta la vallata dell’Isonzo. Ma il programma ha incluso anche un’ora di visita privata a Aquileia: «Dalla visita di Aquileia, che non avevo mai visto prima, ho tratto la conferma della grandezza dell’eredità che abbiamo ricevuto. Dovrei anzi dire che abbiamo ricevuto una eredità in qualche modo unica, a iniziare appunto dal patrimonio archeologico e dalla storia di Roma».

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Considerazioni che il Presidente lega a un aspetto cruciale e sofferto del suo mandato, vale a dire la capacità di riportare l’Italia a generare lavoro e futuro soprattutto per i giovani: «Dalla visita di Aquileia, che mi ha davvero sorpreso per l’imponenza del sito archeologico romano e per la magnificenza della basilica paleocristiana, traggo purtroppo anche la conferma di una inconsapevolezza diffusa della consistenza e del valore di tale eredità. L’Italia – sottolinea Napolitano – è anche per questo un grande Paese, che per risalire la china deve in primis recuperare fiducia in se stesso e nelle proprie peculiarità: tra di esse vi è senza dubbio il patrimonio storico-artistico, di cui anche il Friuli Venezia Giulia è straordinariamente dotato. Se crederemo di più in noi stessi saremo in grado di recuperare con la dignità che ci spetta il ruolo che l’Italia ha avuto e può avere sulla scena mondiale. Lo dobbiamo a noi stessi, lo dobbiamo ai nostri giovani e ai nostri figli».

Infine una nota che riportiamo per dovere di cronaca, ma che appartiene in toto alla genesi della telefonata che il Presidente ha dedicato al vostro e nostro giornale, raccolta da chi scrive queste righe. «Ringrazio il Piccolo per il metodo e la profondità con cui ha deciso di trattare il concerto di Redipuglia, e ovviamente anche le altre tappe di questo mio viaggio in terra Isontina. Ringrazio il giornale per la copertura che ha assicurato sia prima sia durante e a valle di questa ulteriore tappa dell’itinerario di pacificazione dell’ex frontiera orientale». Un ringraziamento che sentiamo di rivolgere senza meno al Capo dello Stato.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

09 luglio 2014

http://ilpiccolo.gelocal.it/