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L’addio di Serracchiani alla segreteria Pd: “Sconfitta pesante, ma devo molto a Renzi” – L’intervista

La presidente uscente del Friuli Venezia Giulia: “Il partito deve tornare nelle fabbriche e in periferia. Abbiamo bisogno di energie nuove. Bolzonello non si tocca, la sfida alle Regionali è ardua ma ci sono le condizioni per vincere”

di Anna Buttazzoni

UDINE. Si può provare a sdrammatizzare. “Mamma, mi si è ristretto il Pd”. O a chiamare in causa capacità e fortuna, che nel 2013 le fecero vincere le Regionali per 2 mila 51 preferenze e oggi la portano in Parlamento per 22 voti.

Debora Serracchiani non sorride. Si è dimessa dalla segreteria nazionale del Pd, dov’era entrata nel 2014 e della quale è anche stata vice segretaria.

«È una scelta personale e politica. Mi assumo le mie responsabilità», dice la nuova deputata dem. Nella galleria degli errori democratici Serracchiani vede anche i suoi. Poi, prova a guardare avanti.

Non scaglia pietre contro Matteo Renzi, ma fa un passo a lato. È soddisfatta per l’iscrizione al Pd del ministro Carlo Calenda e si complimenta con il rieletto governatore del Lazio, Nicola Zingaretti.

Presidente, le dimissioni dalla segreteria dem sono un atto dovuto?

«È una scelta personale e politica, un atto che reputo doveroso e improrogabile, coerente con la durissima lezione ricevuta dalle urne. Ringrazio Renzi per la fiducia che mi ha accordato e per le opportunità che ho avuto, perché se ho potuto fare molte cose importanti è anche per il ruolo che ho avuto».

È un passo indietro per cercare altri spazi?

«La nostra è stata una sconfitta pesante, che impone di guardare in faccia la realtà, per ricostruire il Pd dall’interno. Il partito ha bisogno di una nuova identità e di un indirizzo chiaro».

Ma basta ripetere che “è necessario ritornare a parlare ai cittadini”?

«No. Abbiamo governato con azioni concrete, ma non abbiamo saputo intercettare alcuni bisogni di strati interi di popolazione, con i quali dobbiamo ritrovare un dialogo aperto».

Condivide le “dimissioni congelate” di Renzi o preferirebbe fossero immediate?

«Renzi si è fatto carico della sconfitta, ma le responsabilità sono diffuse. Ha dato le dimissioni e continua a essere una parte importante del partito. Il Pd deve pensare a includere, non a escludere».

In direzione lunedì voterebbe per dimissioni immediate?

«Ascolterò la relazione del vice segretario Maurizio Martina, poi deciderò. Ma parliamo del Pd, non di Renzi. Parliamo del percorso che va intrapreso, di che partito vogliamo e di come ricostruirlo».

Tanti voti del Pd sono andati al M5s. La sorprende?

«Come buona parte dei voti di Forza Italia sono andati alla Lega. Non amo semplificare. I leghisti sono stati abili sul fronte dell’immigrazione, i grillini al Sud con il reddito di cittadinanza. Hanno costruito proposte difficili da mettere in atto, mentre noi abbiamo fallito nei messaggi lanciati. Anche su questo rifletteremo».

Le piace l’iscrizione al Pd di Calenda?

«Sono molto contenta, perché ha lavorato bene e perché c’è bisogno di energie come la sua».

Sarà il prossimo segretario?

«Dobbiamo capire che partito vogliamo e che proposte fare. Poi individueremo chi potrà portare avanti quel percorso e offriremo più candidature, passando dalle primarie».

È favorevole a un governo tra M5s e centrosinistra?

«Penso che grillini e leghisti abbiamo vinto in modo inconfutabile e che spetti a loro la proposta di governo. Il Pd che esce sconfitto non può che ripartire dall’opposizione».

È incompatibile in Regione il ruolo di presidente e deputata. Quando si dimetterà da presidente?

«Penso il giorno prima dell’assunzione delle funzioni di parlamentare. E se finora non l’ho fatto è perché sono commissario per l’emergenza in A4, la Ferriera di Servola e contro il dissesto idrogeologico. E per firmare il nuovo patto finanziario con il Governo, che la prossima settimana ci permetterà di portare in Consiglio una manovra straordinaria da 120 milioni».

Quale errore mette in cima alla lista?

«Mi sono occupata molto di amministrare la Regione e poco di politica e del partito. Le ragioni dell’amministrazione, invece, vanno supportate da quelle della politica».

Nel 2009 alle elezioni europee e nel 2013 alle Regionali voltandosi dietro a sè aveva un esercito. Oggi non è più così. La sua responsabilità è politica?

«Abbiamo fatto tanti errori, ma rispetto a cinque anni fa è anche venuto meno il partito».

Cosa si rimprovera?

«Non tutto ha funzionato, per colpa anche mia. Abbiamo attraversato passaggi stretti e complicati, ma la nostra maggioranza ha tenuto. Siamo un partito radicato sul territorio e dobbiamo capire se questa organizzazione non è più sufficiente e cosa serva oggi. Il Pd dovrà tornare in alcuni luoghi, come le fabbriche e le periferie, che molti hanno trascurato e che ho ricominciato a frequentare, ma troppo tardi».

Antonella Grim ha fatto bene a dimettersi da segretaria regionale del Pd?

«Penso che il percorso scelto sia corretto e doveroso».

Metterete in discussione la candidatura a governatore per il Pd del suo vice in Regione, Sergio Bolzonello?

«No. È una persona concreta che ho apprezzato in questi anni, che conosce pregi e difetti del territorio e che potrà interpretare quei bisogni che magari noi non abbiamo colto. La sfida non sarà facile, ma è alla nostra portata. Tanto più con un M5s che in regione è stato votato meno rispetto al livello nazionale e alle Regionali 2013 e con una preponderanza della Lega su Forza Italia che non potrà non incidere sull’alleanza regionale».

Bolzonello per vincere deve smarcarsi da lei?

«Siamo già molto diversi e la diversità con cui affrontiamo i problemi è il nostro punto di forza».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

06 marzo 2018

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