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Il fronte dei 57 sindaci in campo per Bolzonello

Appello lanciato da primi cittadini di tutto il Fvg a sostegno dell’esponente Pd: «Solo lui sa cosa vuol dire amministrare». Spitaleri attacca la «destra becera»

di Marco Ballico

Sergio Bolzonello

Sergio Bolzonello

TRIESTE. Ci sono i sindaci di Muggia, Laura Marzi, e di Grado, Dario Raugna. Ma anche quelli di San Dorligo, Sgonico, Monrupino. E Savogna d’Isonzo, San Canzian, Romans, Gradisca, Mariano, Sagrado, Doberdò del Lago. Un totale di 57 firme sotto l’appello a favore di Sergio Bolzonello. A due giorni dal voto, sul rettilineo finale, all’ex sindaco di Pordenone, per due mandati, arriva il sostegno di chi, come lui, ha amministrato una comunità più o meno grande. Una spinta simbolica al termine di una legislatura in cui il centrosinistra, i sindaci, in particolare quelli dell’opposizione, li ha avuti spesso contro in conseguenza della riforma che ha portato alle Uti. Non a caso, secondo i firmatari, i colleghi del centrodestra «hanno deciso di dimettersi per tentare di entrare in Consiglio regionale, confermando che la loro non era una scelta a difesa dei cittadini, ma l’avvio della campagna per un seggio in piazza Oberdan».

«Amministriamo, orgogliosamente, comuni di ogni dimensione in ogni territorio della nostra straordinaria regione – premettono i 57 nella lettera-appello -. Proveniamo da esperienze diverse, ma siamo uniti dal desiderio di fare bene per i nostri concittadini». I motivi del sostegno a Bolzonello? Almeno quattro. In primis, perché «guarda sempre al futuro del Friuli Venezia Giulia e vuole un sistema formativo regionale ed eccellente, per permettere ai ragazzi di rispondere alla domanda di lavoro di qualità delle nostre aziende». Poi perché «è sempre stato capace di fare rete con i singoli territori, nel rispetto delle loro specificità, per rilanciare con successo il sistema produttivo e l’offerta turistica dopo le terribili difficoltà del periodo 2008-2013». E ancora perché «non ha mai esitato ad aiutarci, con tempestività e concretezza, a risolvere le difficoltà delle nostre comunità su questioni che spesso non erano nemmeno di sua stretta competenza», e perché, una volta eletto, «si è impegnato a convocare subito tutti i sindaci per costruire un grande tavolo di lavoro sul futuro del Fvg». Ma c’è pure una ragione aggiuntiva: «Da ex primo cittadino di Pordenone, sa bene cosa significa ascoltare, stare al fianco delle persone e delle attività economiche. Sa fare comunità e questa è una dote rara».

Da parte sua il candidato va invece all’attacco di quelli che, visti dai dem, sembrano di nuovo i visitor. «Tanti leader nazionali solo per una prova muscolare tutta interna al centrodestra e legata a questioni nazionali. Nulla gli interessa del Fvg», dichiara il vicepresidente uscente sulla presenza a Udine di Silvio Berlusconi, Antonio Tajani e Giorgia Meloni. «La Lega non ha voluto fare il governo perché ostaggio di Berlusconi, Meloni naviga a vista e non si incontreranno neanche con Salvini per evitare che esploda la vera tensione che c’è alla base – prosegue Bolzonello -. Mentre Renzo Tondo, sacrificato sull’altare del Senato, continua a denunciare la mancanza di programmi e ha perfettamente ragione. I cittadini meritano rispetto non di vedere tristi passerelle che sono l’unica cosa che il centrodestra è in grado di proporre».

Quindi, preannunciata una perdita di 500 milioni per il Fvg con la flat tax (ribattezzata «killer tax»), ecco l’attacco a Massimiliano Fedriga «che balbetta di voler tagliare le tasse, salvo poi dichiarare, a uno dei pochi dibattiti a cui ha partecipato e sul programma, di voler chiedere un contributo extra alle imprese più importanti: un ottimo modo per farle scappare davvero e per sempre».

Della calata dei «vip romani» parla anche il segretario regionale del Pd Salvatore Spitaleri, che incalza sul voto di domenica: «Sarà una scelta di campo tra il centrosinistra, con un programma di governo e un candidato che vanta una lunga e comprovata esperienza politica e amministrativa, e la destra più becera e retrograda, quella che calpesta i diritti e confonde la legalità con il far west».

A contrattaccare ci pensa Tondo (Ar), che se la prende con «lo stupefacente silenzio di Debora Serracchiani in una fase cruciale per il suo partito: probabilmente, aspetta di capire quale corrente vincerà, per poi seguire il flusso». Poi, su Serracchiani in campagna elettorale: «Discreta, timorosa nell’apparire in pubblico, quasi a prendere le distanze da un candidato che è stato il suo vicepresidente per cinque anni».

27 aprile 2018

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