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Lo sguardo di Aquileia a Oriente aperto al dialogo con l’arte russa

Un’esposizione che costituisce un piccolo segnale in tempi di contrasti, incomprensioni, chiusure

Due mostre russe, molto diverse tra loro per taglio, epoca, dimensioni e collocazione. La prima concentrata sull’arte degli ultimi due secoli, la seconda comprendente capolavori assoluti come la Santa Trinità di Rublev e icone di Dionysi, sino a giungere poi alla Donna con Bambino del grande cantore del realismo sovietico Deineka.

Alcune domande vengono naturali: la quasi contemporaneità delle due mostre è una coincidenza o un disegno inconsapevole? Un caso o la risposta a una necessità?

E, mentre il Braccio di Carlo Magno è collocazione prestigiosissima e quasi naturale, perché Aquileia, e per giunta in mesi invernali?

Credo che il fiorire di mostre “spirituali” russe, favorito certamente dalla presenza a Roma del già Ministro della Cultura Alexander Avdeev, ora ambasciatore della Federazione Russa presso la Santa Sede e sensibilissimo cultore dell’Arte, non sia casuale, ma risponda a un’inespressa, ma molto presente esigenza.

In anni in cui abbiamo visto un marcato deteriorarsi delle relazioni dell’Occidente con la Federazione Russa, accompagnato da sanzioni e polemiche, e in cui assistiamo ai prodromi di un’inevitabile corsa al riarmo in Europa e altrove, per l’uomo comune, e per tutti noi, non è facile cogliere con chiarezza cosa sta succedendo nel mondo.Ogni problema che ci vediamo proposto dai quotidiani o affiorare sui social media, è in realtà molto più complesso di come ci viene, spesso in maniera sommaria e semplificata, proposto. Ogni affermazione viene smentita e ogni fenomeno si presta a due o più letture.

Nessuno di noi potrà mai giudicare il fondamento delle accuse russe verso gli americani per violazioni dell’Inf a causa delle batterie di Difesa Anti Missile posizionate in Polonia o nei Paesi Baltici. Come nessuno di noi potrà capire se effettivamente Mosca abbia in realtà già prodotto ordigni nucleari a potenza ridotta e utilizzabili in teatri di guerra limitati, con conseguente “banalizzazione” del ricorso all’arma nucleare.

Così ben difficile è farsi un’idea precisa su alcuni temi concernenti l’energia, il cyber spazio e le influenze occulte che sarebbero state esercitate su alcuni paesi europei.

Sappiamo, in concreto, assai poco, ma non possiamo non essere estremamente preoccupati per il lento e inesorabile scivolamento verso il basso del tono delle relazioni tra la Federazione Russa e gli Stati Uniti, la Nasto e l’Europa, in un quadro generale in cui anche le relazioni con la Cina vengono sottoposte a revisioni e profondi ripensamenti ed in cui il ribollire ed i contrasti all’interno del mondo islamico sono ben lontani dall’essere risolti o sopiti.

E allora? Che può fare l’uomo comune, cosa possiamo fare noi?

A noi non resta, in questo turbato frangente politico, che cercare di ritornare agli elementi più antichi e più semplici, meno contestabili e più forti del nostro rapporto con quel «molto rilevante paese», come il Presidente Napolitano usava definire la Russia.

Elementi difficili da definire, ma emotivamente immediati e catalizzati dalla visita a “Pellegrinaggio” e a “Libro Aperto”.

Entrambe mostre che sono, appunto, un libro aperto sulla capacità di comunicare tra noi, avendo come base una cultura di matrice fortemente imbevuta di cristianesimo, ma anche di comuni e laiche, direi antropologiche affinità che ci fanno commuovere, sorridere, trovare bello, trovare entusiasmante la stessa umanità profonda che scorre nelle tele e nelle tavole dei tanti grandi pittori esposti al Braccio di Carlo Magno e al ben più modesto Palazzo Meizlik di Aquileia.

Una base antropologica, questa, che rappresenta una lente attraverso cui guardare la realtà, nel tentativo di rappezzare, rilucidare e ricostruire un rapporto politico ed economico, ma soprattutto umano e culturale con la Federazione Russa e con i suoi uomini e donne.

E perché ad Aquileia? Forse la scelta non è casuale e va ricercata nella matrice orientale e marciana dell’antica Chiesa Aquileiese, che un segno così forte ha lasciato nei mosaici della Basilica e nella più che millenaria tradizione culturale nata nell’antica città romana e diffusasi un po’grazie all’Impero e molto grazie al Patriarcato e allo Stato Patriarcale.

Le memorie di riti, di martiri e di comunione nei secoli precedenti il grande scisma che ha allontanato la Chiesa e il mondo cattolico da quello dell’Ortodossia, così presenti e forti ad Aquileia, costituiscono una pietra solida e incrollabile su cui ricostruire, o almeno provare a farlo.

L’accoglienza commossa che Sua Santità il Patriarca Kyril riservò alle reliquie dei Santi Canziani (martirizzati nel IV secolo), affidatemi dagli Arcivescovi di Udine e di Gorizia quando venni inviato a Mosca come Capo Missione, mi fa pensare che un avvicinamento anche a livello umano e spirituale sia davvero possibile e desiderato, soprattutto dopo il grande passo dell’incontro a Cuba, di cui ricorre a breve il terzo anniversario.

Un piccolo, piccolissimo segno di questo desiderio di apertura e di comunicazione sarà il sito rinnovato della Fondazione Aquileia che verrà presentato a breve, ove la lingua russa apparirà accanto e con lo stesso rilievo dell’italiano, francese, inglese e tedesco. –

(*presidente della Fondazione Aquileia)
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