CIVIDALE. Anno 2011. Cividale era fresca del conseguimento del titolo Unesco e l’entusiasmo per l’obiettivo raggiunto, in città, era alle stelle: non si parlava d’altro, il traguardo dell’ingresso nella World Heritage List – vagheggiato a lungo e parso, a tratti, un miraggio – aveva galvanizzato gli animi.
Fu in quel clima di euforia collettiva che un giorno, per pura casualità, il progetto dell’Unesco cities marathon iniziò a prendere forma.
Percorrendo in auto la strada che dalla città ducale porta a Palmanova (candidata alla Whl) e poi ad Aquileia (primo sito regionale posto sotto l’egida Unesco), il cividalese Giovanni Cozzi si accorse fortuitamente di un dato davvero particolare, per non dire straordinario: i due centri patrimonio dell’Umanità erano separati dalla distanza esatta di una maratona, 42 chilometri.
L’intuizione fu immediata. Non sfruttare una fatalità del genere, pensò Cozzi (oggi consigliere comunale), sarebbe stata una follia. A maggior ragione considerato il fatto che, come appurato tramite minuziosa ricerca, la situazione è unica su scala planetaria.
La macchina dell’operazione, così, si mise in moto, fra lo scetticismo generale: bella l’idea, pensavano tutti, ma in pochissimi avrebbero scommesso sul buon esito dell’iniziativa, considerate le ovvie difficoltà logistiche (ed economiche) che un evento come quello prospettato, a valenza internazionale, avrebbe comportato. E invece, inaspettatamente, il sogno divenne realtà.
La prima edizione resterà agli annali (per quanto decisamente sottodimensionata rispetto alle proporzioni attuali) per emozione: capovolto rispetto a quello proposto dalla seconda esperienza in poi, il percorso di gara si era aperto ad Aquileia e si era concluso a Cividale, davanti al Duomo, in uno scenario frizzantissimo.
La fatica sopportata dagli atleti per sfrecciare in pur lieve salita, però, aveva subito suggerito agli organizzatori di invertire l’ordine dei capolinea, fissando lo start nella cittadina longobarda. Così sarà, dunque, anche domani, lunedì di Pasquetta, data dell’Unesco cities marathon 2016.
Dal primo “timido” esperimento molto è cambiato, a cominciare dal numero delle adesioni: si è toccata, ormai, quota mille (400 le rappresentanze regionali), con moltissime iscrizioni dall’estero. Diciannove le nazioni in gara, quattro i continenti (manca all’appello solo l’Oceania); fra i concorrenti rientra perfino un piccolo drappello di giapponesi.
Qualche curiosità? La società con maggior numero di partecipanti è la Jalmicco Corse (38 atleti), gli sfidanti più anziani sono l’udinese Ezio Pravisani (76 anni) e la svizzera Ursula Marti (65 anni), i più giovani Manuel Corte (22 anni, da Udine) e la triestina Chiara Bussetti (29 anni).
E due maratoneti veneti, il padovano Paolo Caporello e il trevigiano Alessandro De Vincenti, festeggeranno il compleanno (soglia 60 e 43, nell’ordine) proprio il giorno della corsa. Un occhio ai top runner, ora: dopo il successo 2015 del keniano Henry Kimtai Kibet, l’Africa si candida nuovamente a protagonista con Julius Kipkurgat Too, sempre dal Kenya.
Occhi puntati anche sulla croata Marija Vrajic e sull’etiope Damte Kuashu Taye, che farà coppia con Kimtai Kibet. Ma promette battaglia pure il duo composto dal keniano Alfred Kimeli Ronoh e dall’italo-marocchino Said Boudalia. Aspettative alte, infine, per l’accoppiata friulana Erika Bagatin – Eva Vignandel.
28 marzo 2016
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