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Le “Piume” di Mara Chaves che ispirano Francesco Altan

Un lungo sodalizio di vita e di arte diventa un evento pubblico il 30 aprile ad Aquileia Maschere carioca dai colori sgargianti s’incontrano con la fantasia del disegnatore

di Michele Di Luigi

AQUILEIA. Mara e Francesco Altan, un lungo sodalizio di vita e arte, che per la prima volta, il prossimo 30 aprile sfocerà in una mostra comune: “Piume” Mara Chaves & Altan “Animali”, curata dall’Associazione Apertamente Fondazione Aquileia con il patrocinio e il contributo del Comune e la guardiania dell’Auser di Cervignano. Una mostra che è una sorta di singolare e coloratissimo contrappunto artistico in cui i lavori dell’una si rispecchiano in quelli dell’altro.

«Anche se questa volta – ci racconta Mara , che abbiamo incontrato con il marito nella storica dimora di Aquileia – sono stati i miei lavori a ispirare quelli di Checco».

E che si tratti di lavori ricchi di fascino e memorie antiche, capaci di suggestionare la fantasia di un artista come Altan che è anche disincantato fustigatore del reale e del nostro povero sociale, lo provano le oltre quarante creazioni di Mara: maschere che maschere non sono, ma volti, storie, personaggi. Tutti di piume e dalla fogge piú svariate, secondo un’antichissima tradizione india di “arte piumaria” che Mara ha conosciuto negli anni ‘70 in Brasile, dove è nata e dove ha studiato Belle Arti a Rio de Janeiro.

«In realtà all’epoca mi occupavo di arte decorativa – ci dice – e realizzavo i modellini degli edifici, tra gli altri anche quello della cattedrale di Brasilia per l’architetto Niemeyer; per questo mi trovai a lavorare sul set di “Como era gostoso o meu françes” di Nelson Pereira dos Santos, un film sulla conquista europea del Brasile. Poi la costumista mollò tutto e cosí il regista chiese a me di fare i costumi, quelli europei e quelli degli indios, di cui sapevo poco e nulla. Con l’aiuto di un volume che un antropologo francese aveva realizzato nel ‘600 riproducendo gli addobbi, i copricapi, i mantelli e gli abiti piumati degli indios, ho cominciato a lavorare con le piume».

E sul set è avvenuto anche l’incontro con Francesco. «Ero andato a Rio per prepare la produzione di un film che avrebbe diretto Gianni Barcellona, avevo bisogno di una costumista e mi hanno presentato questa signora e l’ho assunta», sintetizza Altan.

«Io invece – racconta con autoironica enfasi Mara – l’ho conosciuto un pomeriggio molto caldo del luglio del 1970, era seduto dietro a una scrivania, una bottiglia di un pessimo rhum nel cassetto, davanti a un bicchiere mezzo pieno, c’erano fogli sparsi con disegni, faceva già dei bellissimi scarabocchi, parlava bene il brasiliano e sudava molto, ma aveva un buon odore» e ride, mentre Francesco minaccia di andarsene…

«Lavoravamo nello stesso film – continua Mara –, e a metà delle riprese ci siamo messi assieme. Ho mandato un telegramma al mio fidanzato comunicando l’accaduto. Dramma: ma ha vinto il nuovo amore. Ecco!», chiosa con una risata franca. «Gli piaceva molto – ancora Mara –, disegnare di notte, un bicchierino di acqua ardente e la sigaretta a fargli compagnia, assieme a me. All’inizio erano le sue donnine, poi dopo la nascita di nostra figlia, sono arrivati Camillo Dromo, la Pimpa e con questi personaggi infantili nel 1975 siamo venuti in Italia, dovevamo stare un anno e invece eccoci ancora qui».

E dopo tante mostre una insieme su maschere di piume e uccelli fantastici. Ma come sono nate le maschere? «L’occasione è stata una festa di carnevale – confessa Mara –, ma poi sono andata oltre, le mie maschere sono poco indossabili, sono piuttosto degli oggetti artistici, per i quali ho anche reinventato la tecnica di lavorazione».

Il materiale dove lo trova? «Premesso che non non ho mai ucciso un uccello per il piumaggio», e cosí tranquillizza quelli della Lipu, «molto mi arriva da Rio, dove i guardiani dei giardino zoologico raccolgono le piume degli uccelli durante la muta, e sono le piume piú variopinte e preziose. Anche se non mancano ottimi fornitori di piume anche dalle nostre parti».

E lo testimonia un magnifico manufatto, “La sposa”, di piume di pavone bianco e fagiano argentato! Nostalgia del Brasile? «È un paese dall’atmosfera particolare che ti cattura – spiega Francesco Altan –. Io dovevo starci un paio di mesi e ci sono stato cinque anni. Anche se il rientro in Friuli non è stato drammatico come per Mara». «Ma io – ridimensiona Mara –, mi adatto facilmente alle cose e alle persone. A me piace la gente. Certo una città pazzesca come Rio, piena di cose, mi manca. Un po’».

 

. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

02 aprile 2016

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