Lo storico e archeologo ad Aquileia col suo libro. «Anche gli Assiri e i Maya demolivano le statue»
di Elisa Michellut
C’è troppa superficialità quando si parla di cultura in Italia. Si può e si deve fare di piú, a cominciare dalla politica. Ne è convinto il giornalista e scrittore Viviano Domenici, esperto di storia antica, archeologia e antropologia. Domani, alle 17, sarà ad Aquileia, nella sala del consiglio comunale del municipio, per presentare il suo ultimo libro “Contro la bellezza. La sfida per salvare i tesori dell’arte dalla furia dell’Isis”, edito da Sperling&Kupfer. L’incontro, che si inserisce nel ciclo “Archeologia Ferita”, promosso dalla Fondazione Aquileia, vuole essere una riflessione sui valori della convivenza e della tolleranza al fine di mantenere alta l’attenzione sul tema della distruzione di monumenti di eccezionale valore. Domenici, indagando le radici delle guerre iconoclaste, ricostruisce le vicende dei capolavori perduti e di quelli recuperati e le avventure degli archeologi e dei conservatori dei musei che hanno messo in salvo migliaia di opere. Come è nata l’idea di scrivere un libro su queste tematiche? «Mi sono occupato spesso di iconoclastia – spiega lo scrittore -. Una ventina di anni fa un archeologo mi spiegò che quando visitiamo un museo e vediamo tante testi di imperatori cui mancano il naso, le orecchie oppure un occhio, nella stragrande maggioranza dei casi quelle teste sono state tagliate e poi mutilate secondo una regola ben precisa prevista dalle leggi antiche. In epoca antica la statua non era una semplice raffigurazione dell’individuo, era l’essenza dell’individuo. Oltre a portare via il corpo o la persona ancora viva venivano decapitate o mutilate tutte le statue che rappresentavano il personaggio sconfitto. L’Isis fa esattamente quello che facevano gli Assiri». L’iconoclastia è un male che riguarda tutti i popoli?
«Anche i Maya facevano le stesse cose. Non è soltanto l’Islam che ha questa caratteristica, ce l’hanno tutti i popoli. I cristiani tagliarono a tutte le statue di pagani la testa o incisero una croce. I rivoluzionari francesi trovarono una soluzione diversa: tolsero le statue dal luogo in cui erano state collocate, cosí da cambiare il significato, e le trasferirono altrove. Le salvarono dalla distruzione». La presentazione del suo libro ad Aquileia assume un significato particolare. «Sono felice che qui sia stata organizzata una mostra sul Bardo. A differenza di tante iniziative strampalate, l’idea di far vedere l’arte, che parla a tutti lo stesso linguaggio, è un bel messaggio in un contesto come quello attuale. La memoria del passato è un patrimonio che ci aiuta a indagare meglio il nostro modo di essere». Si fa abbastanza per non perdere le tracce del passato? «C’è superficialità. In merito alla distruzione dei monumenti da parte dell’Isis, la direttrice Unesco ha dichiarato che sono crimini contro l’umanità, ma mi chiedo quando diranno che crimini contro l’umanità sono anche quelli compiuti dai potenti della terra ai quali non interessa nulla delle opere d’arte ma solo dei loro interessi». E in Italia? «Anche in Italia si può fare di piú. C’è un disinteresse totale nei confronti della cultura. Ai politici non importa nulla. È scandaloso».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
22 gennaio 2016
http://messaggeroveneto.gelocal.it/