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La Corte dei conti boccia la promozione culturale

«Manca una visione di sistema con il turismo. Interventi solo di conservazione» Fanno eccezione i siti della Grande Guerra e quello archeologico di Aquileia

di Fabio Dorigo


TRIESTE. La Corte dei conti boccia (con riserva) la politica turistica e culturale della Regione Friuli Venezia Giulia. Un giudizio preventivo sulle iniziative programmatiche messe in campo dall’amministrazione regionale tra il 2008 e il 2015. “La valorizzazione in chiave turistica dei beni culturali della Regione” è il tema discusso ieri in un’adunanza pubblica. Un’iniziativa senza precedenti sul nuovo ruolo di controllo assunto dalla Corte che – come assicura il presidente di sezione Antonio Caruso – «viaggia alla velocità della luce e si interessa anche di programmazione». La sezione controllo della Corte dei conti ha così messo in evidenza la debolezza e fragilità delle politiche regionali. «L’esigenza di una valorizzazione di natura economica del patrimonio culturale di cui l’Italia è ricca è infatti da tempo percepita come una grande opportunità non adeguatamente sfruttata» premette il magistrato Fabrizio Picotti. È solo l’inizio.

Nella relazione si dimostra come l’«interazione tra “cultura” e “turismo”» risulti “episodica” e non “sistemica”. E così il «patrimonio culturale regionale» non venga «utilizzato come “volano” per lo sviluppo economico della Regione». A rendere evidente la stato delle cose è stata l’analisi della programmazione concernente il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr): «Se l’“archeologia industriale” si articolava in un numero (25) significativo di interventi, l’“albergo diffuso” riguardava solo 11 dei 146 interventi finanziati dal Programma operativo Fesr, mentre il recupero del patrimonio edilizio di pregio storico, artistico e culturale concerneva appena 7 interventi. Dal punto di vista finanziario, a fronte di una dotazione complessiva iniziale del Fesr di 303.001.323 euro (che verrà rideterminata alla fine del 2015 in 233.195.227 euro) i contributi concessi all’archeologia industriale ammontano a 4.568.775,23, quelli concessi all’albergo diffuso (per i soli interventi rilevanti ai fini del controllo) a 1.185.570,53, mentre quelli relativi al patrimonio immobiliare di pregio storico ammontano a 2.082.699,20 e quindi complessivamente a un importo di euro 7.837,044,96, corrispondenti all’incirca al 2,58 % dell’iniziale dotazione finanziaria del Por Fesr 2007-2013».

Quindi? Una situazione non proprio esaltante. «Gli interventi finanziati non hanno costituito occasione per una valorizzazione dei beni tale da determinare significativi effetti economici. Il programma concernente l’archeologia industriale non è ancora ultimato, mentre le altre due iniziative (ristrutturazione e recupero delle unità del patrimonio edilizio e manufatti di piccole dimensioni a carattere storico, artistico e culturale, archeologico o etnoantropologico e “albergo diffuso”) sono quantitativamente di modesta rilevanza (rispettivamente 7 e 11 interventi)».

Tra gli interventi di archeologia industriale ci sono il polo museale dell’Autorità portuale di Trieste (1.292.259 euro) e il polo museale della cantieristica navale di Monfalcone (1.324.890). Resta, comunque, ancora uno sguardo miope. E il giudizio è insufficiente. «Si tratta comunque di iniziative che prevalentemente risentono ancora di una visione atomistica, collegata al singolo bene o alla singola categoria di beni e non al più ampio contesto territoriale in cui essi si trovano e ai profili per i quali il territorio potrebbe trarre beneficio dalla suddetta valorizzazione- si legge nella relazione della Corte dei conti -. Depone in questo senso anche la circostanza che non si è avvertita l’esigenza di attivare strumenti regionali per rilevarne o misurarne gli effetti economici».

Gli esempi negativi non mancano. «Il portale “Itinerari della Grande Guerra”, sviluppato in occasione del centenario, non era abilitato alla prenotazione delle visite, all’acquisto dei biglietti né a visite virtuali». Meglio il capitolo delle visite culturali guidate nelle principali destinazioni d’arte della regione (Trieste, Aquileia, Cividale del Friuli, Palmanova, Spilimbergo, Zuglio, Gorizia). Nel 2015 sono stati organizzati «complessivamente 564 servizi (tour) cui hanno partecipato 6288 persone».

Ciò non basta a promuovere la politica turistico culturale regionale. «Sul piano operativo non è risultata significativamente attivata quella sistemica azione regionale – sentenzia la Corte dei conti -. Non risulta cioè realizzata un’azione regionale che, coniugando cultura e turismo, abbia configurato un intervento di valorizzazione di beni culturali come parte di un più ampio progetto volto al miglioramento del tessuto economico regionale.Ciò è ascrivibile a una programmazione che negli anni non è stata univocamente indirizzata a prevedere una valorizzazione in chiave turistica dei beni culturali. Nel periodo preso in considerazione (2008 – 2015) la programmazione si riassumeva in un’attività prevalentemente preordinata a una conservazione del bene attraverso la concessione di contributi e finanziamenti, mentre idee di un più ampio respiro economico risultavano appena abbozzate». Ci sono però delle eccezioni. Due. La Corte dei conti salva «i siti della Prima guerra mondiale e quello archeologico di Aquileia». Meglio di niente.

17 novembre 2016

http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste