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Genitori in rivolta per la mensa: «I nostri figli mangiano poco»

Aquileia: nel mirino le elementari a tempo pieno. Criticata la qualità del cibo. Il dirigente Durì: ho dovuto accogliere le richieste di ritiro degli scolari per il pranzo

di Elisa Michellut

AQUILEIA. La “guerra del panino” scoppia anche nella Bassa friulana, in particolare nelle scuole primarie a tempo pieno di Aquileia.

Alcuni genitori, nei giorni scorsi, si sono rivolti al dirigente scolastico, Aldo Durì, chiedendo, per i propri figli, l’esonero dal servizio mensa e la possibilità di consumare il pasto a casa.

Le motivazioni sarebbero da ricercare nell’insoddisfazione nei confronti del cibo somministrato, regolamentato dalle direttive dietetiche delle nutrizioniste dell’azienda sanitaria.

Secondo alcuni genitori si tratterebbe di una dieta ipocalorica, non adatta ai propri figli, che, stando alle lamentele, tornerebbero a casa affamati. A scuola, insomma, si mangia troppo poco.

«Ad essere messa in discussione – spiega il dirigente scolastico – è proprio la qualità del cibo, garantita dalle prescrizioni dei servizi sanitari, cui i Comuni, che forniscono il servizio, devono attenersi».

«Di fronte a queste richieste, qualche volta espresse in termini perentori, per usare un eufemismo, ho cercato – indica – di opporre una forte resistenza, rivendicando il valore educativo del “tempo mensa”, che costituisce parte dell’orario scolastico oltre a essere un momento importante di condivisione, confronto e socializzazione, cui sarebbero sottratti gli alunni costretti ad allontanarsi da scuola per consumare il pranzo tra le mura domestiche».

Niente da fare. I genitori non hanno voluto sentire ragioni. C’è addirittura chi si sarebbe rifiutato, pur restando a scuola, di far mangiare in mensa i bambini.

«I genitori che hanno protestato si sono appellati – chiarisce il preside – a una sentenza della Corte d’appello di Torino, che, alla fine dello scorso anno scolastico, il 21 giugno 2016, ha riconosciuto il diritto di 58 genitori, che si erano rivolti al Tribunale, non solo di rifiutare la refezione scolastica ma addirittura di consumare a scuola il cibo confezionato dalle mani amorevoli delle loro mamme. A questo punto, di fronte alla rivendicazione del diritto alla libertà di scelta sancito dai giudici, sono stato costretto a cedere».

La vicenda non è chiusa. Potrebbero esserci altri sviluppi sul piano giuridico. «In fin dei conti – obietta Durì – la sentenza di Torino salvaguarda i diritti soggettivi dei genitori ma viola il principio dell’autonomia scolastica sancito dalla Costituzione. Speriamo non si diffonda questa tendenza. Se così fosse ci metterebbe in difficoltà».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

22 ottobre 2016

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