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Ad Aquileia il paradigma dell’Europa

Un immenso patrimonio storico e culturale da consegnare ai giovani partendo dalle scuole

di RENATO STROILI GURISATTI

Ad Aquileia il paradigma dell’Europa

Francesco Maria Piave e Temistocle Solera, alla settima scena del secondo atto dell’Attila di Verdi, pongono sulla bocca di Foresto, nobile cavaliere aquileiese, quasi un dolente stigma sul destino di Aquileia: «Cara patria, già madre e reina di possenti magnanimi figli, or macerie, deserto, ruina, su cui regna silenzio e squallor». Forse raccogliendo l’eco delle antiche lamentazioni che l’umanista Ciriaco di Ancona levava davanti alla spoliazione della inter claras celebris urbis.

Aquileia, a detta di alcuni, è il sito che ha patito uno dei più sistematici e devastanti saccheggi della storia. Dal 1998 è inserita dall’Unesco nel Patrimonio dell’umanità. Vien spontaneo dedurre che, se un contesto viene dichiarato patrimonio dell’umanità, è perché si ritiene necessario affidarlo alla cura di istituzioni con più efficaci capacità operative e scientifiche di quelle assicurabili a livello locale. Le cose non sono mai così scontate, specie quando nel locale scattano presunzioni di diritti o cupidigie per possibili risorse aggiuntive.

Ne fece buona esperienza Luisa Bertacchi, straordinaria figura di archeologa e direttrice dei Musei e degli scavi che, a costo dell’impopolarità, spese l’intera esistenza a tutelare le memorie archeologiche aquileiesi mettendole a riparo anche delle insidie localistiche. Ma è solo nel 2006 che la politica regionale interviene in modo concreto istituendo, con la legge 18, una Fondazione partecipata da Ministrero, Regione, Provincia e appena nel 2007 il ministro Rutelli, cioé lo Stato, dichiara che Aquileia «diventerà la seconda Pompei».

Il nuovo corso

Ora, finalmente, pare che ci siano tutte le condizioni perché si apra un nuovo capitolo, che ci porterà, anche grazie a nuovi strumenti, metodologie e risorse, a una visione vieppiù compiuta e sistematica della scena storica ed archeologica aquileiese. Anche perché è intervenuta la nomina dell’ambasciatore Antonio Zanardi Landi a presidente della Fondazione. Senza alcun dubbio, questa è stata la miglior scelta che la Regione potesse fare. A di là del prestigio del designato, questa nomina è un atto che, in sé e finalmente, esprime il rispetto della politica verso la cultura in generale e per il prestigio storico di Aquileia in particolare. Si poteva lasciare la Fondazione nella condizione di una nobile commenda politica perché, tutto sommato, alla stessa per statuto, residuava solo la valorizzazione delle aree di interesse archeologico e la promozione turistica-culturale del sito. Ma i giuristi insegnano che ci sono sempre più modi di leggere un atto normativo. L’atto costitutivo della Fondazione consentiva, ugualmente, tanto di costruire un superfluo contenitore di possibilità, quanto un efficace strumento moltiplicativo di opportunità. Con questa nomina la Regione ha scelta la seconda opzione, ponendo nelle disponibilità della Fondazione la possibilità di progettarsi in itinere una mission con potenzialità integrative rispetto a quelle che lo statuto stesso ha potuto declinare.

La costruzione culturale di Zanar. di Landi non può che scaturire una visione che va oltre il – pur decoroso – orizzonte dei nostri sguardi. È una personalità che sta nel mondo e che quindi saprà liberarsi dai lacci che impigliano, invece, chi deve fare conti quotidiani col consenso elettorale. Ottima scelta, dunque, ma valuti la Regione se non sia il caso di sfruttare al meglio questa occasione, facendo il pieno alla macchina perché prenda giusta velocità. È vero che con la crisi è un bel cruccio fare tutto e di più con gli stessi mezzi di prima. Oltretutto, in questa Italia che straripa di storia e arte ci sono poche tracce di quell’umanesimo capitalista che tanti meriti ha in altre parti del mondo. Ma spendiamo molto in aree culturali che, per visibilità e ricadute economiche, danno molti di meno di quanto potrebbe dare un serio investimento su Aquileia. Di più, potrebbe forse essere una buona occasione anche per riqualificare la nostra identità storica e culturale.

L’Aquileia di Pressacco

Aquileia non è solo realtà di assoluta grandezza archeologica, ma è pure uno dei più pregiati paradigmi della costruzione culturale europea. Alla domanda su «cosa non sia Aquileia» amiamo rispondere con l’intuizione di Gilberto Pressacco: «Aquileia muore d’Europa». Molto della storia di Aquileia è stato scritto in chiave municipalistica o nazionalistica e, recentemente, con microstoriografie parcellizzate. Ma, se solo ci prendessimo cura di elencare le varie etnie che hanno condiviso quest’angolo di mondo, ci apparirebbe una geografia antropica di tali unicità e pluralità da poterla pacificamente definire di nodale rilevanza continentale. Paschini, Leicht, Braustein, Bosio, Rosada, e tanti altri – come Cacitti e Floramo -, sicuramente operano solide messe a punto di dati e fatti utili a scorgere una sagomatura europea della storia del Friuli e di Aquileia, ma, allo stato dei fatti, non possiamo ancora disporre nemmeno di un testo di sintesi che, magari tradotto in più lingue, assicuri un approccio divulgativo all’effettiva vastità storica, culturale e religiosa di Aquileia. Ed è grave che il percorso scolastico regionale sia del tutto deprivato di sussidi didattici sull’argomento, salvi l’impegno individuale di qualche docente o il lodevole lavoro di associazioni di volontari. E che dire del Museo che, pur essendo il più importante museo di età romana nell’Italia settentrionale, è così poco visitato? Forse il suo impianto ottocentesco o l’assenza di un apparato multimediale lo rendono poco attrattivo. Certo è che altri musei, ad esempio, hanno tre o anche più stanze dedicate solo ai bambini.

I giovani e la conoscenza

Ma proprio riguardo ai nostri giovani e alle nostre scuole vien da chiedersi perché da tutto quel fiume di denaro utilizzato per fissare l’identità friulana intorno alla sola lingua, non si riesca a ricavare un qualche rivolo per garantire, almeno alla loro fase formativa, strumenti basilari di approfondimento. Può costruirsi un’identità prescindendo dalla consapevolezza di un giacimento di valori e risorse culturali così antichi e, al medesimo tempo, così spendibili anche nella complessità del nostro presente?

Ci farebbe bene riflettere, ad esempio, sull’atteggiamento di accoglienza teologica e culturale che fin dalle origini ha distinto la Chiesa di Aquileia, perché ci porterebbe a concludere che molte posizioni divisive che agitano la nostra contemporaneità non fanno proprio parte del nostro Dna. Se si pensa all’accoglienza che nei secoli Aquileia ha offerto a perseguitati o inquisiti come il bibliotecario Anastasio, il musico Gottschlak di Orbais, il poeta Sedulio Scoto o ai riformatori Primosc Trubar, Pierpaolo Vergerio, Cornelio Frangipane, Marcantonio Flaminio, vien naturale concedersi l’orgoglio di presentarsi come figli di una Chiesa che non ha mai bruciato nessuno e che ben mille e passa anni prima del Vaticano II (esattamente nell’867) accoglieva tra le originarie tre lingue sacre anche lo slavo.

Paradigma dell’Europa

È stato detto che Aquileia più che un paradigma è un idealtipo. Forse basterebbe la percezione che questo elemento è, tra i diversi utilizzati per definirci popolo, quello più accreditabile sullo scenario europeo contemporaneo. Ma si deve fare molto di più per informare e formare la consapevolezza di una così espressiva identità. Non è certo questo il campo d’azione della Fondazione per Aquileia, ma c’è da sperare che il percorso scelto dalla Regione per Aquileia venga stimato per il valore del metodo e per la qualità delle scelte, così da potersi estendere anche alle altre realtà regionali che, per crediti culturali e storici, legittimamente aspirano agli scenari internazionali.

La gran parte degli aspetti sfiorati riguardo all’Aquileia patriarcale potrebbe essere assunta da Cividale, che di Aquileia è complemento nobile e vocato e dove una Fondazione sarebbe ben giustificata dalla ricchezza del deposito documentale o dalla presenza di istituzioni e qualificate associazioni. Da Aquileia fluisce una narrazione ancora vivente, tessuta sugli alfabeti delle pietre, dei mosaici, della fede, del pensiero, della musica e dei versi. Che Aquileia sia patrimonio dell’umanità è un fatto certo tanto quanto è certo che lo è ancora molto poco per i friulani. Che numerosi sanno alquanto delle Mauritius e assai poco di sé.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

15 febbraio 2015

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