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1 maggio, i sindacati sono una palla al piede

I tre leader ormai sono sorpassati dal tempo. E la manifestazione di Pordenone l’ha dimostrato. Parlano di rinnovamento, ma il loro obiettivo è la conservazione.

EDITORIALE

di

Bonanni, Angeletti e Camusso con Debora Serracchiani a Pordenone.

(© Ansa) Bonanni, Angeletti e Camusso con Debora Serracchiani a Pordenone.

Eccolo, di nuovo il primo maggio, festa del lavoro che non c’è (l’Istat certifica che mai la disoccupazione è stata così alta) per molti, soprattutto i giovani, del lavoro degli altri.
La giornata si porta dietro una ritualità un po’ fastidiosa, di certo obsoleta: i comizi della Trimurti, il Concertone romano che anche nel progressivo impoverimento del cartellone la dice lunga sulla stanchezza di un evento dove trionfano, a favor di telecamere, slogan e frasi fatte.
BUROCRATI SORPASSATI DAL TEMPO. Sentendoli parlare dal palco di Pordenone, quest’anno luogo della manifestazione unitaria scelto per solidarizzare con i dipendenti dell’Electrolux in difesa del salario e della conservazione degli stabilimenti, i tre leader sindacali appaiono come dei vecchi burocrati lì a certificare, esibendo un consenso sempre più esiguo, la loro rendita di posizione. Sorpassati dal tempo, dal loro pervicace istinto a tutelare chi il lavoro ce l’ha, a cercare strenuamente di difendere un ruolo di rappresentanza senza il quale non avrebbero più motivo di esistere.
Parlano di rinnovamento, ma il loro obiettivo è la conservazione, a cominciare da quella delle poltrone dove siedono. Dal 2000 Luigi Angeletti, il segretario della Uil. Dal 2006 Raffaele Bonanni, quello della Cisl. Più fresca la carica di Susanna Camusso, che guida la Cgil solo dal 2010.
ANCHE IL SINDACATO È UNA CASTA. Come tutte le associazioni organizzate, anche il sindacato è una Casta. E compito primo di tutte le caste è perpetuare se stesse, coltivare il proprio spazio di sopravvivenza che vuol dure essenzialmente antagonismo, prima che verso la controparte industriale, verso chi vorrebbe togliere loro il potere di concertazione. Un potere che, negli anni, si è esplicitato in un vero e proprio diritto di veto. Ed è diventato perfettamente omologo al sistema che, a parole, dice di voler contestare.
Il loro mestiere, più che tutelare il lavoro e favorirne la crescita, è di andare in televisione e partecipare col loro pensiero debole al teatrino della rappresentazione sociale .E di fare, sempre e comunque, i bastian contrari. Prendi l’atteggiamento verso il governo Renzi, che non è la panacea di tutti i mali ma che qualche iniziativa l’ha pur messa in cantiere.

Dal palco di Pordenone alla tivù

La manifestazione del primo maggio a Pordenone.

(© Ansa) La manifestazione del primo maggio a Pordenone.

I DISCORSI DEL TRIO. Lo accusano esplicitamente di privilegiare gli annunci ai fatti, le intenzioni alle azioni. Ma basta vedere i loro discorsi del 1 maggio per capire come, ammesso che l’accusa al premier sia giusta, anche il sindacato procede per auspici.
Camusso: «Bisogna avere il coraggio di passare a una stagione vera di investimenti per il lavoro». Ancora «Serve», ha aggiunto, «un governo a difesa dei lavoratori e del lavoro, un governo che dice che, senza lavoro, questo Paese corre un grandissimo rischio, mette a rischio la democrazia». Chi potrebbe dire il contrario?
Bonanni: «È un Primo maggio di speranza che l’Italia possa andare avanti cambiando e ripartendo dalla produzione. Il lavoro si crea con buona occupazione». Ma va, pensavamo il contrario.
Angeletti: «Governare questo paese è necessario e la riforma della Pubblica amministrazione non si può fare contro i lavoratori». Traduzione: «Palazzo Chigi non si sogni di fare una riforma senza averci interpellati». Ancora: «Gli italiani hanno perso l’illusione che possano esserci crescita e sviluppo senza fabbriche. Ridurre le tasse, la burocrazia, le leggi e fare infrastrutture, ma non è pensabile che possa esserci una vera ripresa senza il lavoro delle fabbriche». E qui Lapalisse gongola.
LE CONTRADDIZIONI DI BONANNI. Poi il Primo maggio finisce, domani è un altro giorno e le piazze tornano ad essere sostituite dagli studi tivù. Di cui uno dei frequentatori più assidui è Bonanni che qualche giorno fa, intervistato da Sky Tg24, lamentava come il bonus Irpef alla fine si riducesse a poca cosa, e soprattutto non riguardasse gli incapienti (e fin qui ci sta) nonché le partite Iva. Non si finisce mai di imparare: ignoravamo infatti che al sindacato stessero così a cuore le partite Iva.
Ma per il leader della Cisl nemmeno l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie va bene. «Ne verrebbero gravemente toccati i conti correnti, ovvero i piccoli risparmiatori».
Non è vero, ma qui importa sottolineare un altro aspetto. Il Bonanni che attacca il provvedimento del governo è lo stesso che fino a ieri predicava la cogente necessità di spostare il peso fiscale dal lavoro alla rendita?

Giovedì, 01 Maggio 2014

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