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«Evitati gli sgambetti, Renzi ha i numeri per dettare l’agenda»

Il vicesegretario Serracchiani: «Niente voto anticipato. Escludo la via giapponese, non avremo un Matteo Abe»

di Alberto Alfredo Tristano

Debora Serracchiani

Debora Serracchiani

L’assemblea del Pd è finita e Debora Serracchiani, presidente del Friuli Venezia Giulia e vicesegretario del partito, è soddisfatta. La discussione ha avuto i suoi momenti accesi, ma «il partito esce compatto lungo la rotta decisa dal segretario Matteo Renzi».

Presidente Serracchiani, che bilancio trae dall’incontro romano?

Per come l’ho vissuta io, l’assemblea è stata un bilancio dal risultato positivo su questo anno di governo Renzi e mi pare di poter dire che il Pd esprima oggi una maturità nuova. La discussione, il confronto, che certamente vive anche di contrapposizioni, restituisce una maniera diversa di manifestare le proprie posizioni, non più sui cognomi come accadeva un tempo, ma sui temi concreti. Abbiamo dimostrato di affrontare con serietà i molti impegni che ci siamo assunti. Il Parlamento è talora in overbooking, sappiamo che le sfide sono molte, e l’assemblea ha mostrato la consapevolezza del lavoro da fare e la voglia di portarlo a termine.

Non sono mancate le polemiche con la minoranza.

Che ci sia diversità sui singoli punti è fuori discussione, ma colgo tutta la serietà di esponenti della minoranza come Gianni Cuperlo e Roberto Speranza i cui interventi sono stati lucidamente politici e in linea con le parole del segretario.

Fassina non ha però risparmiato bordate…

Fassina mi sembra un caso isolato, una pecora nera che non fa mancare l’accalorata esposizione delle proprie opinioni, dietro cui vedo più delle motivazioni personali che un fronte politico condiviso con altri. Certe asprezze sono solo confronti di personalità, ma non mi pare che il partito sia spaccato, pur ammettendo e comprendendo perfettamente il disagio che si è potuto manifestare su alcuni provvedimenti come la riforma del lavoro.

Vi preoccupa chi in assemblea non c’era, come Massimo D’Alema, ma ha già lanciato segnali di guerra?

I tentativi di sgambetto sono sotto gli occhi di tutti, e mi riferisco a quanto accaduto qualche giorno fa in commissione. Bisogna però andare avanti senza farsi spaventare, nella convinzione che con questo governo almeno la mia generazione ha l’occasione delle occasioni per cambiare davvero il Paese.

Lo scenario di voto elettorale va escluso completamente? Proprio mentre si svolgeva l’assemblea del Pd dal Giappone arrivavano notizie della vittoria schiacciante di Abe che ha portato il Paese al voto non riuscendo a governarlo…

Renzi ha escluso assolutamente la via giapponese, e anzi ha ribadito le uniche scadenze che sono in agenda: il 2017 per scegliere il nuovo segretario del Pd, il 2018 per il nuovo presidente del Consiglio. Non cambia nulla. Non avremo un Matteo Abe.

L’assemblea ha anche deciso alcune modiche importanti allo statuto del partito. La prima è una “norma anti-scissione” che stabilisce che “il segretario del partito è titolare del simbolo e ne autorizza l’utilizzo”. L’altra prevede invece la pubblicazione dell’elenco degli iscritti sul sito.

Da tempo lavoriamo alla trasparenza della nostra gestione. Sappiamo quanto le notizie romane su Mafia Capitale possano essere devastanti per la credibilità dei partiti, ma è bene chiarire che non lavoriamo sull’onda della cronaca: sono decisioni cui pensiamo da tempo. La chiarezza dovuta dagli amministratori la pretenderemo da tutti i nostri eletti e nel nostro bilancio, in cui le spese di segreteria sono pari quasi a zero a differenza che in passato, per le consulenze specificheremo quanto diamo e a chi. Il malaffare lo combattiamo da dentro.

Il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, ha però dichiarato che sull’anticorruzione le misure del governo sono “insufficienti”, e ha elogiato la proposta dei Cinque Stelle.

Critiche legittime, purché si ricordi che per vent’anni il tema della corruzione è stato completamente ignorato e il governo Renzi tra i primi atti ha nominato Raffaele Cantone presidente dell’Autorità Anticorruzione. In ogni caso, Roberti ha ragione a dirci che il tema ha bisogno di interventi più profondi, è una questione culturale che va posta già a scuola, attraverso l’educazione civica che è materia da rilanciare, perché bisogna educare cittadini migliori per il nostro futuro.

Giusto un anno fa Renzi a Milano era proclamato segretario del Pd. Da Milano a Roma ieri, com’è cambiato il Pd?

Intanto è un partito che vince, e non ci eravamo abituati. In questi dodici mesi abbiamo fatto nostre tutte le partite elettorali: amministrative, europee, regionali. E questo risultato esprime certamente un consenso sull’azione di governo. Inoltre, essendo il nostro segretario per la prima volta anche capo dell’esecutivo, può finalmente dettare l’agenda al Paese. Infine il Pd è un partito più grande, già solo nei numeri. Gente sempre lontana da qualsiasi partito oggi frequenta i nostri luoghi, e la discussione e la comunicazione non è rimessa solo all’eletto.

Chiudiamo col Quirinale. Berlusconi dice che la partita per il dopo Napolitano è tra i punti del patto del Nazareno.

Non so quali siano le ragioni che spingono Berlusconi a dire così. Il cosiddetto patto del Nazareno riguarda solo le riforme istituzionali e costituzionali. Detto questo, abbiamo un presidente della Repubblica eccellente come Napolitano a cui l’assemblea ha tributato un doveroso omaggio. Quando si tratterà di scegliere un successore, il Pd, che è il maggiore partito italiano, giocherà la propria parte, e sono certa che non assisteremo agli psicodrammi dell’ultima volta.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

15 dicembre 2014

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