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Pd ad alta tensione, lite Bersani-Serracchiani

L’ex segretario: a Monfalcone sberla storica. No al partito dell’arroganza e della sudditanza. La governatrice: lavori per unire, non per dividere

di Gabriele Rizzardi

Debora Serracchiani e Pierluigi Bersani

ROMA. Tra Matteo Renzi e Pierluigi Bersani ormai è guerra aperta. L’ex segretario del Pd non accetta il «fuori-fuori» gridato da una parte della platea della Leopolda, rinnova tutte le sue critiche al premier-segretario e conferma il secco No al referendum. Renzi insiste con le critiche alla minoranza dem e prova a tenere la barra a dritta. E anche Debora Serracchiani replica a Bersani.

Apre i giochi Bersani, a margine di una iniziativa per il No a Palermo. «Provo grande amarezza, vedo un partito che sta camminando largamente su due gambe: arroganza e sudditanza. E così non si va da nessuna parte» precisa puntando l’indice contro la gestione della Leopolda da parte di Renzi. «Non mi interessano i tifosi leopoldini che urlano “fuori, fuori”, ma tutti gli altri che stanno zitti. I leopoldini possono risparmiarsi il fiato, vanno già fuori parte dei nostri. Io sto cercando di tenerli dentro, ma se il segretario dice “fuori, fuori” a un certo punto bisognerà rassegnarsi». E Bersani cita anche la sconfitta sonora subita dal centrosinistra in Fvg: «Per una singolare coincidenza, nello stesso momento in cui gridavano “fuori fuori” avevamo un ballottaggio a Monfalcone, dove abbiamo preso uno schiaffo storico – incalza l’ex segretario – battuti larghissimamente dalla destra leghista perché gran parte dei nostri non sono andati a votare. Io non ci ho dormito, non so altri».

Parole che irritano la segreteria del partito. «Renzi» dice la numero due Pd, Debora Serracchiani, «non ha mai detto “fuori” a nessuno». E dunque «Bersani non stravolga la realtà ed eviti polemiche fuori luogo». E ancora: «Da chi è stato segretario del nostro partito ci aspettiamo compostezza e proporzione anche nella dialettica più aspra. Chi ha ricoperto alte cariche ha il compito di rappresntare sempre al meglio il partito. Nel Pd si lavora e si dovrebe lavorare per l’unità, mai per dividere», conclude la vicesegretaria, mentre il capogruppo dem alla Camera Ettore Rosato annota che sudditanza e arroganza «non appartengono certo al nostro mondo». «Serracchiani perde le elezioni nella sua regione e parla come se fosse della minoranza», sferza il deputato della sinistra Pd Nico Stumpo. Ma «la posizione di Bersani crea sconcerto nel nostro elettorato» dice il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini.

Di certo c’è che Bersani a fare le valigie non ci pensa neppure lontanamente: «Il partito è casa mia e non lo lascerò mai. E per cacciarmi non basta una Leopolda, ci vuole l’esercito». E il no di Bersani si concentra soprattutto sulla legge elettorale: «Il No è un modo per far saltare l’Italicum, il resto sono chiacchiere». E anche il documento sottoscritto da Gianni Cuperlo non convince Bersani: «Su quel foglietto c’è scritto “stai sereno”, ma io voto No».

Replica anche Renzi. «Il nostro obiettivo non è andare contro qualcuno ma fare una battaglia nell’interesse dei nostri figli e pensiamo che una parte dei dirigenti del passato si sia occupata molto di se stessa e delle poltrone e meno dei nostri figli e nipoti. Ma noi facciamo politica per loro», dice il premier che conferma l’indisponibilità ad accettare “governicchi”, cioè il governo tecnico che potrebbe nascere dopo un’eventuale vittoria del No. Renzi non cambia registro e se la prende coi suoi predecessori. «Hanno fallito e dimostrato la loro scarsa capacità. E ora lo augurano a me. Più andiamo avanti e più è evidente che i leader del fronte del No usano l’appuntamento del 4 dicembre per tentare la spallata al governo». E ancora: «Vogliono tornare loro a guidare il paese e si rendono conto che questa è l’ultima chance. Ecco perché da Berlusconi a D’Alema, da Monti a De Mita, da Dini a Cirino Pomicino fino a Brunetta, Grillo e Gasparri stanno tutti insieme in un fronte unico. Provate a chiedere loro su cosa andrebbero d’accordo: su nulla, probabilmente. Solo sul dire No».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

08 novembre 2016

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