Ugo Carughi, presidente di Docomomo Italia e Pietro Valle, architetto interverranno al Future Forum nella prima delle due giornate della tappa ad Aquileia, domani, alle 17, nella sede municipale. L’incontro sarà una riflessione su come progettare nuova architettura in città d’arte e siti storico-culturali.
di UGO CARUGHI
E PIETRO VALLE
«Molti eventi storici, come i corpi celesti, avvengono molto prima di apparire… La sostanza materiale di questi documenti spesso viene nelle mani di osservatori qualificati soltanto secoli o millenni dopo l’evento. Astronomi e storici… si occupano di manifestazioni percepite nel presente, ma accadute nel passato”. Con questa metafora, George Kubler (“La forma del tempo”, 1972) avvicina due discipline che spesso associamo, rispettivamente, ai progressi nella “conquista dello spazio”, sinonimo della contemporaneità, e alla suggestione di un passato in cui sentiamo radicate le nostre origini. Potremmo concludere che all’antico non si può che guardare con gli occhi mutevoli della contemporaneità.
In quest’ottica l’architettura va considerata lo strumento più diretto per conformare luoghi e spazi all’esposizione di ciò che ci è pervenuto da epoche anche remote. Da alcuni decenni quella contemporanea, in particolare, ha rivolto una maggiore attenzione ai luoghi e al riuso dell’esistente instaurando un dialogo a più dimensioni con la storia. Nei siti archeologici, veri e propri cantieri aperti, la progettazione ha messo in atto molteplici strategie che rimandano ai reperti con cui essa si relaziona. Pur conformando nuovi manufatti, l’architettura contemporanea qui rinuncia a linguaggi precostituiti e autonomi, realizzando un’immagine strettamente pertinente agli obiettivi funzionali ed evocativi suggeriti dai reperti. I linguaggi architettonici recenti, con la loro flessibilità e leggerezza, possono interpretare lo stacco tra passato e presente instaurando un rapporto dialogico con la condizione spesso incompiuta dei siti storici. Questo rapporto si concreta nei luoghi deputati, quali i musei o i siti archeologici aperti al pubblico; oppure può essere vissuto nel centro vivo delle città storiche, esponendo le tracce del passato lì dove convivono con la quotidianità del presente. In entrambi i casi esiste una ricca casistica di interventi contemporanei che hanno saputo interpretare i siti e declinarsi secondo i loro caratteri. Nel primo caso, si possono citare le coperture di aree di resti antichi come nel caso della Domus de Bouquets a Vésone in Francia, progettata da Jean Nouvel. Nel secondo, si pensi alle Stazioni dell’Arte della metropolitana di Napoli, che coniugano ingegneria, architettura, archeologia e arte. Gli strumenti normativi di tutela possono riconoscere questa qualità dell’intervento contemporaneo legittimando criteri d’intervento nelle aree archeologiche che incoraggino un rapporto con i reperti storici privo di imitazioni o mascheramenti. Ciò può aiutare a superare una tendenza, presente nella cultura di massa, che oppone un “finto antico”, ritenuto l’unico linguaggio possibile per i centro storici, a un
“ipercontemporaneo” fatto di facciate di vetro per i soli quartieri di nuova costruzione. Il disconoscimento del dialogo dei linguaggi contemporanei con l’ambiente esistente nega, infatti, la continuità della storia e il dialogo tra passato e presente.
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21 marzo 2018
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